“ABBANDONO” DI ELISABETH ÅSBRINK

«Per capire la mia solitudine avevo bisogno di capire quella di mia madre. E per capire lei dovevo prima capire mia nonna, Rita.»
Così Katherine – antico nome di famiglia dietro al quale si cela la stessa Åsbrink – ricostruisce una storia fatta di legami generazionali, che si spezzano e si ricompongono. Per farlo, Katherine utilizza i ricordi e le parole, anche quelle che da bambina chiamava “parole-che-non-devono-essere-pronunciate”.
Parte da una casa al numero 37 di Grange Park Avenue, a Londra, dove sua nonna Rita è arrivata per caso, a causa di un padre scapestrato e dissoluto. Si innamorerà di Vidal, un ebreo sefardita con cui inizierà una relazione clandestina. In seguito, vengono raccontate le inquietudini della figlia Sally, che, «cambia costantemente espressione, da luce che si fa buio a buio che fa luce» con Katherine testimone che, in seguito, cerca di far luce nella vita del nonno, Vidal, un uomo nato nell’impero ottomano che, nella Londra del primo Novecento non può essere né turco, né greco né tantomeno inglese, ma riconosce come unica vera patria la Spagna.
Con la sua capacità di intrecciare legami familiari e eventi storici, la Åsbrink ci narrerà una storia fatta di immigrazione e abbandono delle proprie radici, nel tentativo di ricostruire la propria origine, in una collezione di vissuti senza parole, in cui si formano i ricordi e la memoria. Ve lo consiglio tanto se amate leggere storie di legami familiari dimenticati.

Dèsirèe Mattarello
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