ARCHEOLOGIST WILL KNOW IT

Una frase spesso usata dalle persone transfobiche è “quando rimarrà solo il tuo scheletro gli archeologi sapranno il tuo “””vero””” sesso”. Per quanto in un contesto archeologico sia molto complesso poter identificare una persona dal genere diverso dal sesso biologico, ciò non significa che questo sia impossibile. Anzi, il riconoscimento di un corpo come maschile o femminile è solo il punto di partenza per un’analisi più ampia. In questo senso, l’archeologia ci dà quasi più certezze della storiografia; infatti, l’identità di genere è stata spesso usata in senso denigratorio nelle fonti storiche. Un caso piuttosto noto è quello dell’imperatore Eliogabalo, di cui le fonti trasmettono l’uso di truccarsi e indossare parrucche, il tutto però associato ad una chiara critica nei suoi confronti.

Si pone quindi un problema: si parla di una persona transgeder o Cassio Dione voleva ridicolizzare l’imperatore? Questo basta però per mettere in dubbio il genere dell’imperatore ai nostri occhi, anche se non abbiamo fonti materiali a riguardo. Ma in altri casi queste stesse fonti materiali sono presenti e, se oggi consultate in prima persona oggi, ci possono dare una visione sicuramente meno influenzata da pregiudizi misti a interessi politici.

In primis consideriamo l’eventualità di trovarci faccia a faccia con la persona di nostro interesse: una semplice catalogazione tratta dal DNA non è esaustiva a ricostruire quella che è una vita, e non un mucchio di ossa. Un corpo, infatti, ci può dare molte più informazioni: una corporatura massiccia di una donna ad esempio può essere indizio della svolgimento di attività pesanti in vita, normalmente attribuite agli uomini, e che quindi potrebbero essere indice di una figura non corrispondente a quella femminile stereotipata. Questi sospetti potrebbero essere poi integrati con le indagini su un possibile corredo: corpi femminili accompagnati da armi o oggetti particolarmente ricchi possono essere speculazione di un ruolo sociale particolare. Questo è il caso della “Donna del Caviglione”, soggetto vissuto nella preistoria che per la corporatura e gli attributi della sua tomba fu identificato come un uomo! Ad oggi però il suo corpo è stato ricondotto al corretto sesso biologico, ma rimane il dibattito che ha suscitato: probabilmente non era la raccoglitrice di semini che si immagina per quell’epoca. Rimanendo sul tema delle analisi forensi si può sottolineare come in quel futuro, dove saremo noi i reperti, gli archeologi avranno un nuovo e chiaro indizio, ovvero le operazioni chirurgiche. Occorre poi tenere in considerazione un ulteriore elemento: le rappresentazioni artistiche. Esse possono serbare il nome della persona, possibile spia di una preferenza in termini di linguaggio per definire il soggetto, ma anche come essa volesse farsi rappresentare. È famosa ad esempio Hatshepsut, faraone egizio prima regina, rappresentata con la barba e tratti virili. Anche in questo caso tale rappresentazione potrebbe essere mossa prevalentemente da motivi politici, ma ciò non smuove il punto del discorso, ovvero il dubbio. Se infatti non possiamo avere la certezza dell’identità di genere dei nostri antenati, specie nella storia antica, possiamo comunque porci delle domande.Se non possiamo sapere come avrebbero voluto essere ricordati, il solo fatto di chiedercelo è importante: è un segnale di come la concezione del genere binario anche in ambito scientifico stia venendo superata. Le persone che stanno nei nostri musei non sono solo più XX o XY in una tabella, ma sono soggetti che ricordiamo interrogandoci su come abbiano vissuto la loro vita, magari al di fuori di questa dualità ormai più arcaica di loro.

Big thanks to Xana Prudencio (@xanaroker) for kindly allowing me to use their wonderful comic!

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