Lo sport si è trovato molto spesso ad incrociare, lungo il proprio cammino, l’arte.
Tra i due vi è sempre stato uno scontro diretto, senza vincitori né vinti, solo due mondi che, per quanto distanti, diventano un modo per esprimere sé stessi.
Arte e sport: nient’altro che personalità allo stato puro.
Lo stile artistico vs. lo stile di gioco.
Passione, sacrificio, linguaggio universale, disciplina e fascino.
Una competizione, alla fine, è solo un’altra forma dell’arte.
Ora, non vi so dire se la finale di UEFA Champions League sia stata all’altezza di un’opera d’arte, innanzitutto perchè nel momento in cui sto scrivendo non si è ancora disputata e mi tengo ben lontana da far considerazioni a priori, ma soprattutto perchè non avrei neanche le competenze per esprimere un’opinione così forte. Lascio alle intenditrici ed intenditori, l’arduo compito.
Nonostante ciò, vorrei analizzare uno sport nello specifico: il calcio, per l’appunto, e la sua stretta connessione con l’arte.
Se vi dovessi chiedere un’opera in cui viene raffigurata questa disciplina sportiva, immagino che molti di voi si troverebbero in seria difficoltà, eppure gli atleti sono una delle prime figure usate come modelli e muse già nell’antichità.
Facciamo fatica ad immaginarci un’opera d’arte che raffiguri il calcio perchè, spesso, ci limitiamo a considerare “arte” solo ciò che si trova in un museo.
Grave errore.
L’arte non è solo quadri esposti, bozzetti dentro a teche di vetro impolverate, sculture magnificenti ed installazioni di grandi artisti.
L’arte è un modo di intendere, concepire, comunicare e, soltanto in un secondo momento, si concretizza in un’opera materiale.
Un’opera materiale, ad esempio, come un murales. É il caso di “Maradona”, due dipinti murali che si possono trovare a Napoli. Il primo, forse il più celebre, si trova nei Quartieri Spagnoli, nato per omaggiare il secondo scudetto del Napoli e ad opera di Mario Filardi; mentre il più recente presenta il volto del calciatore argentino che campeggia su un caseggiato popolare a San Giovanni a Teduccio ed è a cura di Jorit Agoch, noto street artist campano con origini olandesi.
Questo esempio è forse il più plateale, ma a tutti coloro che da bambini, e non solo, hanno raccolto le figurine Panini, la prima opera che doveva venire in mente era il logo dell’album Calciatori. Sì, la rovesciata di Parola, in fin dei conti è un capolavoro.
15 gennaio 1950, Fiorentina – Juventus, 80’, Carlo Parola e una prodezza calcistica.
Da ormai settantacinque anni quella rovesciata è presente in ogni album Calciatori delle figurine Panini ed è stata ristampata oltre 200 milioni di volte con didascalie anche in greco, arabo, giapponese e cirillico.
A rendere arte quell’azione, in realtà difensiva, è stato un giovane artista entrato a lavorare alla Panini come magazziniere: Wainer Vaccari che, nel 1970, realizzò l’iconica illustrazione che conosciamo tutti ancora oggi.
Movimento
Dinamismo di un calciatore, Umberto Boccioni – 1913
Il movimento sta alla base del calcio, esattamente come del Futurismo, corrente artistica di inizio Novecento.

Oltre al dinamismo, alla velocità e alla prontezza nei riflessi, sia il calcio che il Futurismo, creano e vivono di atmosfera.
L’adrenalina e l’emozione che si respirano allo stadio sono uniche e creano un legame ancora più forte tra chi sta in campo e chi tifa dagli spalti.
La stessa cosa avviene anche in campo artistico.
La connessione tra artista e spettatore si concretizza nell’atto di osservare l’opera non in maniera passiva, ma iniziando ad interrogarsi e facendosi trasportare dalle emozioni che possono suscitare anche solo degli abbinamenti di colore azzardati.
L’atmosfera per Boccioni e per altri futuristi è la quint’essenza dell’arte. A loro non serve riprodurre con esattezza l’azione, ma ricrearne la sensazione, l’impressione, il movimento.
Ecco perchè in quest’opera il calciatore si smaterializza in un’atmosfera luminosa e dinamica.
Calcio d’angolo
“Sunderland vs Aston Villa”/The corner kick, Thomas M.M. Hemy – 1895
Questo quadro viene considerato il più antico esempio di opera raffigurante il gioco del calcio, uno sport però ancora molto diverso da quello attuale. Nel 1895 calcio e rugby, entrambi rinominati football erano già due attività distinte, tanto che l’opera in questione parla di due squadre: Sunderland AFC e l’Aston Villa FC che si contendono il primato nella Football League, la competizione professionistica più antica al mondo.

La diffusione del calcio e del rugby arrivò con gli anni Settanta dell’Ottocento. Due sport nati per i cosiddetti gentlemen, ma che nella seconda metà del secolo si videro affiancati da sempre più operai che potevano godere di alcune concessioni in ambito lavorativo e quindi avere più tempo libero per gli hobby. Nacquero così i primi club operai, strettamente collegati ai luoghi dove si incontravano per gli allenamenti come: posti di lavoro, scuole (Sunderland AFC) o chiese (Aston Villa FC).
Il calcio, negli anni, raccolse sempre più adepti non solo fra i giocatori, ma anche tra i tifosi. Come si può vedere nell’opera di Hemy, gli spalti sono gremiti di spettatori paganti. Con le riforme del sistema scolastico, il tasso di alfabetizzazione si innalzò e sempre più persone iniziarono ad acquistare riviste calcistiche per rimanere aggiornati sul campionato.
Le tre grazie del calcio
Las Futbolistas, Ángel Zárraga – 1922
In primo piano troviamo tre donne: uniformi rosso sgargiante, scarpini ai piedi, calzettoni a coprire i polpacci e poi una “S” sul petto, quella delle Sportives di Paris, la squadra appena divenuta campione di Francia.

Siamo nell’aprile del 1922, le calciatrici parigine hanno sconfitto la squadra di Reims nella finale di campionato, la Division 1 Féminine.
Si tratta, inoltre, della prima opera che racconta dell calcio femminile; tutto ciò grazie anche al fatto che ad inizio Novecento la Francia era la prima nazione per numero di squadre in questo settore.
In questa tela confluiscono, poi, tutte le influenze artistiche di Zàrraga: da un lato il predominante impressionismo francese smorzato però dai primi tentativi di realismo simbolico, frutto dell’accademia reale di Bruxelles, e dall’altro la conoscenza del primo cubismo.