Nel mondo scolastico e universitario a studenti e studentesse capita di venire a contatto con la realtà
dell’Erasmus, sia che riguardi l’accoglienza di studenti stranieri sia la partenza di studenti in mobilità. In
questo articolo, alla luce della mia esperienza, vorrei proporre delle linee guida utili per chi vorrebbe
conoscere meglio l’Erasmus. Tuttavia, non desidero raccontare il tipo di vita e la cultura dei paesi dove ho
soggiornato: infatti, credo sia più utile trarre da domande generiche risposte che possano aiutare a
comprendere come funzioni l’Erasmus.
Come si organizza l’anno accademico in Erasmus?
Questa domanda parte da una visione molto generica: infatti, per ogni corso di laurea e per ogni anno
d’iscrizione corrispondono requisiti e limiti diversi. Ma le basi sono le stesse: dopo essere risultato
vincitore del bando Erasmus+ per studenti outgoing (studenti in mobilità dall’università italiana) ed essere
stato confermato dall’università ospitante, ogni studente deve decidere come organizzare il proprio anno
accademico in base ai mesi che trascorrerà all’estero. Nel mio caso, entrambi i miei Erasmus sono stati
della durata di sei mesi: il minimo e il massimo richiesti dall’università sono di due e dodici mesi, ma la
scelta del periodo di mobilità dipende dallo studente. Dopo aver stabilito la durata dell’Erasmus, vengono
scelti i corsi dell’università ospitante corrispondenti a quelli italiani e inseriti nel learning agreement,
disponibile online o formato cartaceo, che deve essere firmato dallo studente, dal professore responsabile
Erasmus italiano e dal responsabile straniero. Nella scelta del piano di studio si potranno constatare
differenze di crediti e di voti tra gli esami italiani e stranieri, ma queste vengono sopperite nelle tabelle di
conversione stabilite dalle università. Insomma, il mio consiglio è di soppesare l’anno accademico tra
primo e secondo semestre, che si svolga un anno intero o metà in Erasmus.
Come ci si organizza per il domicilio?
Una grande preoccupazione per chi è in partenza Erasmus è trovare un’abitazione: la difficoltà aumenta
quando il periodo di mobilità è meno di nove mesi, abituale durata di un contratto abitativo.
Nel mio caso, entrambi gli Erasmus li ho vissuti in uno studentato universitario: appena ho ricevuto la mail di conferma della mia candidatura, l’università mi ha informato sulle modalità e tempistiche per gli alloggi
universitari. Non tutte le università sono organizzate alla stessa maniera, ma gli studenti sono avvisati sin
da subito dall’università italiana di intraprendere autonomamente la ricerca di un’abitazione. Tuttavia, lo
studentato non è una certezza: infatti, gli studenti vengono selezionati in base al numero di candidature e
possono rimanere in lista d’attesa, senza sapere con largo anticipo se avranno un posto o meno.
Anche qui il mio consiglio è di organizzarsi preventivamente sulle realtà abitative nel luogo dove si svolgerà la propria mobilità ed eventualmente trovare informazioni sulle piattaforme ufficiali delle università.
Come si fanno incontri in Erasmus?
Questa domanda può risultare molto personale perché ciascuno parte in Erasmus con prospettive diverse:
io ho trovato delle realtà comuni in entrambi i miei soggiorni che credo siano d’aiuto per chi non ha mai
fatto questa esperienza. C’è da precisare che in Erasmus si può partire da soli o con qualcuno di già
conosciuto: nel mio caso sono arrivata in due paesi stranieri senza avere conoscenze né amicizie, partendo da zero. In entrambe le occasioni ho conosciuto nuove persone grazie a ESN, un’associazione
internazionale studentesca che organizza eventi per studenti Erasmus; tuttavia, nel mio secondo Erasmus
ho fatto nuove amicizie grazie al corso di lingua francese fuori dal mio dipartimento. Certo, gli incontri
con nuove persone variano in base alle attività personali e alla vita di ogni città: in una metropoli o una
capitale europea c’è una vasta gamma di scelta, mentre magari in città più piccole le realtà sono sempre le stesse. Tuttavia, la realtà Erasmus viene considerata una sola: il mio consiglio è di informarsi prima della
partenza delle realtà comunitarie esistenti nella città della propria mobilità.
Voglio concludere dicendo che l’Erasmus non è, come sostengono alcuni, né una perdita di tempo né
un’impresa da pochi: per me l’Erasmus è stata più di un’occasione per vivere la mia indipendenza e
conoscere al meglio le realtà culturali e accademiche esterne alla nostra, rimanendone arricchita. Inoltre,
ci tengo a sottolineare che l’Erasmus non è una dimensione solo di viaggio, ma anche di accoglienza: per
quanto mi riguarda, l’esperienza Erasmus non esisterebbe senza una realtà di ospitalità e io desidero
continuare a rimanere a contatto con l’aspetto internazionale interno alla mia università.