CHE PIETRE SONO LE MEGAPIETRE?

Mentre stavo seguendo -si fa per scherzare- una lezione di Geologia (yes, we exist) mi è capitato di pensare a cosa scrivere per questo mese. Nella testa balzavano davvero tante idee, ma alla fine un pensiero è stato capace di guizzare su tutti gli altri: le megapietre dei Pokémon (traumatico ma l’accento cadrebbe sulla e) che tipo di roccia sarebbero? Eh si, questa è l’idea più brillante (anzi “lucente”, visto che siamo nell’ambito) che mi sia uscita.
Comunque, non potendo supporre che tutti noi abbiamo avuto un’infanzia felice, descriviamo brevemente cosa sono le megapietre in questione. Sono per l’appunto pietre (grazie Sherlock) che permettono di megaevolvere i Pokèmon. Praticamente prendi una bestia grossa e la fai diventare una bestia grossa più grossa: la tamarraggine applicata alla tamarraggine (e si, Google Docs accetta “tamarraggine” come parola della lingua Italiana). Hanno una forma perfettamente sferica, caratterizzata da una varietà di colori che dipende dalla bestia a cui si riferiscono (di certo la charizardite non può essere verde) più una forma elicoidale (il DNA, per capirci) colorata sempre secondo la stessa logica. E dopo essere tornati brevemente nell’infanzia di tutti noi (Pokèmon si è fermato a Rubino Omega e Zaffiro Alfa, e sono caritatevole includendo X e Y), revertiamo all’argomento-cardine di questa discussione: che pietre sono le megapietre? Se non avete capito ancora cosa sono innanzitutto mi dispiace per la vostra infanzia, in secondo vi invito a cercare in rete.
Ora, la sfera sicuramente può essere avvicinata alla perla. Noi tutti abbiamo in mente la lucentezza, brillantezza, sfericità di questo oggetto di matrice biologica; ma cosa sia esattamente forse non ci è chiaro. La perla è un prodotto di molti Bivalvi (le cozze, per capirci e far piacere ai nostri amici di Taranto), che altro non fa che deporre degli strati di Carbonati di Calcio attorno a della materia ritenuta estranea all’animale. I Bivalvi quindi ripiegano il mantello, formando con la conchiglia una forma sferica nella quale depositano il materiale alieno: questo viene sotterrato da carbonato e con il tempo si forma la perla. Quindi pensate a questo: la perla ha più da spartire col calcare di casa che con il quarzo. Ma come dare ragione dei vari colori che assumono le sfere? Molto semplice! I minerali (e quindi le pietre) possono assumere colori diversi dal loro “stato naturale” (ed in questo caso parliamo di allocromia) se durante la loro formazione vanno ad integrare delle sostanze estranee che possono dar loro colore (per esempio lo smeraldo è un allocromo del berillo a causa della presenza di impurità riconducibili al Cromo). Beh, le perle nascono letteralmente perché abbiamo sostanze estranee al Bivalve, quindi è logico supporre che le perle possano “colorarsi” a seconda del materiale che l’animale va a ricoprire. E quindi abbiamo la “base” della nostra perla (che, per completezza, è fatta da un minerale chiamato Aragonite). Ma poi quella porzione elicoidale a forma di DNA e con un colore diverso come possiamo ottenerla? Ecco, quelli sono i “clasti” che sono andati a sedimentare nella roccia stessa. Praticamente sono i pezzettoni (nel nostro caso uno solo di dimensioni importanti) che navigano nella matrice: sono come i pezzettoni di frutta che stanno nel mare di yogurt. In base alla dimensione di questo clasto noi possiamo dare un “nome” alla roccia. Non vi sto a tediare coi nomi tecnici che fanno peso a me che queste cose le devo studiare ed immagino voi che neanche ci volete avere a che fare, però sappiate che dopo i 2 mm parliamo di rudite.
Abbiamo la nostra megapietra, allegria! Giubilo in tutto il reame di Oo! Ora, per voler completare il lavoro, diamo un nome a questa roccia: calcirudite a matrice madreperlacea con ioni cromatofori Fe (giusto perché la charizardite è rossa, e quindi andiamo avanti così; e non mi venite a fare le pulci sul tipo di Ferro che altrimenti sono sassi amari). Bene, ora potrete tornare a casa ogni giorno, studiare, cenare, fare la vostra vita ed andare a dormire sapendo un qualcosa in più: un qualcosa che non vi siete mai domandati, ma a cui ora avete una risposta.

Andrea Calò
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