DIETRO ALLO PSEUDONIMO NELLIE BLY

Il giornalismo investigativo ha la sua prima manifestazione a cavallo tra il XIX e XX secolo quando, negli Stati Uniti d’America, scrittori e fotografi iniziano a denunciare gli illeciti che caratterizzano le istituzioni consolidate. I muckraker, così chiamati i primi giornalisti attivi in questo campo, sono stati alcuni dei protagonisti dell’era progressista e puntavano ad applicare riforme non solo in ambito sociale, strettamente legate ai fenomeni dell’industrializzazione e dell’immigrazione, ma anche in quello politico, arginando la dilagante corruzione.

Tra le più importanti muckraker (letteralmente “spala letame”) vi fu Ida Minerva Tarbell che con il suo libro “The History of the Standard Oil Company” denunciò per corruzione J.D. Rockefeller, presidente della compagnia, e pose fine al suo predominio nel campo petrolifero.

Se la scrittrice Tarbell si può definire come una pioniera del giornalismo investigativo, allora a Elizabeth Jane Cochran si deve la nascita di quello sotto copertura.

Nata nel 1864 in Pennsylvania, Elizabeth perde il padre a soli sei anni ed il nuovo marito della madre dopo poco tempo si rivela un uomo violento. In famiglia i soldi iniziano a scarseggiare e la giovane si vede costretta ad abbandonare gli studi universitari per cercare un lavoro. La ricerca, però, si rivela più difficile del previsto dato che era quasi impossibile per una donna trovare un’occupazione. L’occasione arriva nel 1885 quando Cochran si presenta al direttore del giornale “Pittsburgh Dispatch” volenterosa di accettare la sua proposta di lavoro.

Pochi giorni prima, infatti, sul quotidiano era stato pubblicato un articolo di Erasmus Wilson: “What Girls Are Good For”, dove l’editorialista mostrava il suo disappunto nei confronti dell’incremento del numero delle lavoratrici. Ribadiva, inoltre, che il ruolo donna doveva esser legato alla sfera domestica.

In questo caso la popolazione non rimane in silenzio, anzi, arrivano decine di risposte alla redazione del “Pittsburgh Dispatch”. Tra di esse ve n’è una firmata Little Orphan Girl che viene apprezzata dal direttore del giornale. Convinto che dietro a questo pseudonimo si celi un uomo, egli propone un lavoro all’autore della lettera che l’ha tanto colpito. A presentarsi, come anticipato, però non è un uomo, bensì una giovane. Il direttore, contrariato da chi si trova dinanzi, decide di ritrattare le proprie parole, ma Elizabeth Jane Cochran non si fa cogliere impreparata, ma anzi propone alcune sue idee che le valgono un posto all’interno della redazione. A fine Ottocento esser giornaliste non è conveniente e dunque adotta una nuova firma: Nellie Bly, ispirata dalla protagonista di una canzone di Stephen Foster.

I suoi primi articoli non parlavano solo della condizione femminile, ma erano di più ampio respiro. Nellie infatti denunciava lo sfruttamento, l’assenza di sicurezza sui luoghi di lavoro e il divario salariale. Temi che ancora oggi necessitano di essere indagati.

Il suo operato, però, trova ben presto degli ostacoli. Il mondo dell’industria, intaccato dai suoi reportage, minaccia di tagliare i fondi al giornale e dunque la penna di Nellie Bly si ritrova ad occuparsi di una rubrica sul giardinaggio e sulla moda. Quest’incarico dura poco perché Elizabeth è capace di convincere il proprio datore a divenire la prima inviata. Nel 1886 la si trova in Messico a documentare l’estrema povertà che attanaglia gran parte della popolazione.

Da lì a poco però avviene la svolta: il trasferimento a New York. Cochran lascia la sua città e si presenta alla redazione del quotidiano di Joseph Pulitzer, il “New York World”, dove viene assunta nonostante le incertezze e le perplessità iniziali del direttore. Ha inizio la sua carriera come giornalista investigativa e, anzi, per la prima volta le indagini vengono svolte sotto copertura.

È il caso del reportage sulle condizioni di vita all’interno dei manicomi femminili. Nellie si finge una malata mentale e si fa ricoverare nell’istituto psichiatrico di Blackwell’s Island. In “Ten Days in a Mad-House” emerge una realtà che per molto tempo era stata lasciata ai margini dell’interesse pubblico. Molte internate non presentavano disturbi psichici, alcune di loro si trovavano in quella situazione a causa della volontà dei propri familiari; le condizioni di vita erano pessime: freddo, scarsità di cibo e soprusi continui.

Grazie al suo racconto, qualcosa, almeno negli stati più progrediti degli USA, inizia a cambiare. A fine secolo, infatti, si hanno le prime riforme all’interno degli istituti di igiene mentale.

La sua volontà di documentare la realtà vivendola sulla propria pelle diventa esplicita quando si fa arrestare per raccontare le condizioni delle detenute nelle carceri.

Nellie Bly può, inoltre, vantare un’esperienza sulla propria pelle che poche persone possono dire di aver compiuto. Si tratta del giro del mondo, nel suo caso in soli settantadue giorni. Dopo aver letto il romanzo di Jules Verne, Elizabeth propone al direttore del giornale newyorkese di finanziarle un viaggio per il globo. L’impresa riesce e in settantadue giorni, sei ore, undici minuti e quattordici secondi Nellie Bly completa il giro del mondo, descrivendo e documentando il tutto, tanto che giornalmente venivano pubblicati suoi aggiornamenti sul “New York World”.

Dopo quest’immane peripezia la sua carriera continua anche diversificandosi, ma il contributo di Elizabeth Jane Cochran, in arte Nellie Bly, rimane ancora ora preziosissimo.

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