DOPO BERLINGUER: LA SINISTRA ITALIANA DAL PDS AL PD

Nel precedente articolo ho parlato del PCI fino alla morte di quello che è considerato il suo ultimo grande segretario, Enrico Berlinguer. E ho pensato dunque di proseguire questa storia fino ai giorni nostri in modo tale da far comprendere come e perché si è arrivati nelle condizioni attuali. Un lavoro questo che ho intenzione di portare avanti nei prossimi articoli non solo per quel che riguarda la Sinistra italiana ma anche con gli altri partiti, in modo tale che ciascun lettore li possa conoscere a fondo tramite delle analisi storiche il più possibile oggettive e chissà, riuscire magari così ad orientarsi meglio nella politica attuale.

Dunque, la morte di Enrico Berlinguer, avvenuta a Padova l’11 Giugno 1984, segna un momento di svolta per la sinistra italiana, per molti non in positivo. Il PCI in quel momento, dopo tutta la strada fatta attraverso le segreterie di Togliatti, Longo, e dello stesso Berlinguer (rimando al mio precedente articolo del 15/11), si trova orfano del suo ultimo segretario. Fu Alessandro Natta ad ereditare la segreteria del partito.  Gli anni ’80 non furono di fatto anni rosei per i comunisti: pur continuando ad essere il primo partito d’opposizione, il decennio, ancora sotto la segreteria di Berlinguer, si era aperto con la sconfitta della lotta operaia alla Fiat in seguito alla marcia dei 40.000 a Torino (di cui vi parlerò) e che segnò di fatto la sconfitta e la fine della centralità del movimento operaio in Italia. Arriva poi anche una dura sconfitta nel 1985 al referendum che voleva abrogare il decreto di San Valentino voluto da Craxi (che tagliava 4 punti alla scala mobile, lo strumento che adattava i salari all’aumento del costo di diverse merci). Era infatti Bettino Craxi, leader socialista, ad essere sulla cresta dell’onda in quel momento: stava infatti plasmando il nuovo PSI, un partito di centro – sinistra rappresentativo più che altro degli interessi della classe impiegatizia, dei colletti bianchi e dunque si potrebbe dire di quella classe media benestante della “Milano da bere”. Con le elezioni politiche del’ ’83, essendo i socialisti il nuovo ago della bilancia della nuova coalizione di governo ( il pentapartito), Craxi riuscì a diventare Presidente del consiglio mentre i comunisti continuavano ad essere fuori dai giochi. La grande svolta arriverà poi nel 1989: la caduta del Muro di Berlino pose i presupposti per un cambio di passo nel PCI e per mano del nuovo segretario Achille Occhetto si avrà la “Svolta della Bolognina”, in cui si annunciava la volontà di cambio di “nome e di sostanza” del PCI. Un cambiamento che ormai il Partito stava portando avanti da anni, andandosi così ad affermare una volontà di ulteriore avvicinamento al socialismo europeo. Tanto è vero che proprio nel 1989 un articolo del New York Times definiva il PCI «un partito socialdemocratico in tutto eccetto che nel nome». Chiaramente la volontà di cambio del nome finì per creare moltissimi malumori, significava l’interruzione di una storia che durava ormai da 70 anni tra Fascismo, clandestinità, Resistenza e costruzione della Repubblica, una storia piena di particolarità, di lotte, di passione politica, di affermazione culturale come anche di contraddizioni, insomma, la storia del più grande partito comunista d’occidente. Con il XX congresso, il 31 Gennaio 1991, venne decretato lo scioglimento del Partito Comunista Italiano. Contestualmente si decise la creazione del nuovo soggetto politico erede del PCI, il PDS (Partito Democratico della Sinistra). Da lì ad un anno, però, un grande colpo di scena avrebbe stravolto le carte in tavola: il 17 Febbraio 1992 Mario Chiesa, direttore del Pio Albergo Trivulzio di Milano, viene arrestato per corruzione e le sue confessioni faranno emergere tutto un diffuso sistema di pagamento di tangenti che coinvolgeva la politica e l’imprenditoria prima Milanese e poi italiana. È lo scoppio di Tangentopoli e con l’inchiesta “Mani Pulite” vengono messi in ginocchio, travolti dalle inchieste e dagli arresti, i grandi partiti della Prima Repubblica. Importanti capi politici finiscono sul banco degli imputati per corruzione: dal democristiano Arnaldo Forlani, fino all’imputato più eccellente, Bettino Craxi, che morirà poi da latitante ad Hammamet.

PSI e DC dunque crollano sotto i colpi di Mani Pulite. Il PDS nel frattempo ne esce relativamente intatto, toccato solo marginalmente e non nelle sue strutture dirigenziali. Quest’ultimo elemento sarà considerato, dai detrattori del partito (dal futuro centro – destra in primis) come una colpa degli ex comunisti: sarebbero infatti riusciti a farla franca grazie ad un’ “alleanza” tra sinistra e magistratura , un fantomatico legame che tutt’oggi viene utilizzato nel dibattito politico come capro espiatorio. Il PDS in realtà, come già accennato, è stato anche esso oggetto di indagine e di arresti ma non a livello degli altri partiti per il semplice fatto che il potere era nelle mani dei componenti del “pentapartito” (democristiani, socialisti, socialdemocratici, repubblicani e liberali). Le elezioni del 1992, a causa di Tangentopoli, sono un disastro per tutti: c’è un forte aumento dell’astensione, tutti i partiti calano (anche il nuovo PDS) e la DC per la prima volta è sotto il 30%. Ad andare molto bene è un soggetto politico che con le sue idee seccessioniste sta andando molto bene nella “Padania”: la Lega Nord di Bossi. Dopo il primo governo Amato, caduto sempre per le inchieste anticorruzione, e il governo tecnico guidato da Ciampi, si torna a votare nel 1994: lo scenario è tutto nuovo, il PDS di Occhetto, ex PCI, è l’unico partito della Prima Repubblica ad essere sopravvissuto insieme ai post – fascisti dell’MSI di Gianfranco Fini. Le probabilità per la coalizione di sinistra di vincere erano alte, ma ancora una volta le carte in tavola vengono stravolte: Silvio Berlusconi, miliardario a capo di Fininvest, scende in campo con il suo partito, Forza Italia, e vince le elezioni. La coalizione di governo di centro destra è formata da Forza Italia, Lega e Movimento Sociale Italiano. Una coalizione che si rivelerà fragile anche perché la Lega, allora piuttosto ostile verso i fascisti avrà poi un certo disagio nello stare al governo con l’MSI, tanto è che dopo un anno di governo si consuma il “Ribaltone” di Bossi che lo fa cadere. Dopo il governo tecnico di Dini si torna a votare nel 1996. Il PDS e il nuovo Partito Popolare Italiano (erede dell’ala sinistra della DC) per l’occasione si sono alleati e insieme ad altri partiti più piccoli è stata creata una nuova coalizione, l’Ulivo, e come leader è stato scelto il professor Romano Prodi, ex presidente dell’Iri. Quelle elezioni saranno vinte dall’Ulivo contro un frammentato centro destra. La legislatura durerà fino al 2001, termine naturale, ma come da grande tradizione della sinistra ci saranno scossoni interni alla maggioranza, crisi di governo e divisioni. Prodi, dopo aver varato una serie di misure per garantire l’ingresso dell’Italia nell’Unione europea, viene sfiduciato dalla sua stessa maggioranza, con fiducia tolta da Rifondazione Comunista. In molti sostengono che dietro però vi fosse la mano del segretario dei DS (Il PDS nel 1998 aveva cambiato nome ora diventato “Democratici di Sinistra”) Massimo d’Alema che, infatti, divenne presidente del consiglio. In sintesi i governi di centro sinistra in quella legislatura furono ben quattro. E nel 2001 il trionfo di Berlusconi alle elezioni fu totale contro il candidato dell’Ulivo Francesco Rutelli (segretario della “Margherita”, partito nato dal partito popolare Italiano e dunque a sua volta erede della sinistra DC).

La legislatura che dal 2001 va al 2006 vede sempre Silvio Berlusconi come presidente del consiglio. Sono anni fatti da un’aspra polemica contro il suo governo e contro i metodi usati e le leggi emanate (spesso infatti si parla di leggi “ad personam”, fatte da Berlusconi stesso per tutelare i propri interessi). E si fa pure molto forte la polemica contro la coalizione di sinistra da parte del suo stesso elettorato, per l’incapacità di essere sufficientemente tagliente verso il governo e incapaci di offrire idee veramente alternative. Nei primi anni 2000 per esempio vennero espresse forti critiche verso la coalizione di sinistra da parte dei Girotondi, movimenti cittadini nati in tutela dei principi di democrazia e legalità che vedevano minacciati dalle politiche di Berlusconi. Nel 2006 comunque la coalizione di centro sinistra, ribattezzata ora l’Unione, richiama Romano Prodi come leader candidato alla carica di Premier. Da tempo ormai ventila nell’alleanza l’idea di un partito unitario che possa unire tutti i soggetti politici della coalizione, a Prodi è affidato il ruolo di federatore e fondatore. Le elezioni politiche vengono vinte dall’Unione per un soffio, tanto è che la maggioranza al Senato risulta essere fragile, fa affidamento sulla fiducia dei Senatori a vita (cosa che manda in bestia Berlusconi). Nel 2007 si fa comunque il passo, Democratici di Sinistra, eredi del PCI, e Margherita, erede della Dc, si fondono e viene così costituito il Partito Democratico, il PD per l’appunto, primo segretario è l’ex comunista Walter Veltroni. Da lì è cominciata un’altra storia, alquanto tormentata e burrascosa, che prossimamente proseguirò a raccontarvi.

Alessio Cognetti
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