ERRORE DI VALUTAZIONE

A volte l’infelicità è solo questione di errori di valutazione.
Mi getto l’acqua gelida in faccia ma la mia pelle non smette di scottare. Sarà probabilmente per la sensazione di disagio che ho nel guardare il mio volto.

Osservo il pavimento sporco. A volte mi fa piacere essere circondata da cose abiette, sono in qualche modo violente e piene di fascino. Questo naturalmente non vale per me, mi prendo molto più sul serio di quanto non prenda queste mattonelle insudiciate. “Quelle tanto si puliscono” ricordo a me stessa, con una certa ironia.
Mi chiedo come ci si arrivi a certe situazioni. Prima le cose vanno bene, ci si gode la scoperta, le sorprendenti novità e la meraviglia impreziosisce ogni paesaggio scarno. Poi succede qualcosa. Il tempo scivola via e ci si abbandona con inerzia al “quel che viene”.
Ed in seguito, beh, mi sono ritrovata a chiacchierare al bar con le mie amiche per giustificare che gli volessi “solo bene” e che “ci tenessi”, mentre un tempo avrei tremato al solo pensiero che lui fosse mio. Avrei potuto ormai dipingere ogni sua espressione, prevedere le sue battute, ripetere i suoi modi di dire ma nulla di tutto questo sarei riuscita a collegarlo ad un momento felice; non ci vuole poi molto a diventare infelici.

Anzi, eravamo proprio disperati, tutti e due. Sguazzavamo in un’asfittica realtà che non avevamo il coraggio di affrontare, un eterno presente nel quale saremmo annegati, avendo ormai da tempo smesso di sperare che le cose avrebbero funzionato. Forse questa stessa angoscia ci teneva legati, questo sfiorire dell’illusione “io ti amo”.

Tra le mani, adesso, non c’è neppure più la cenere del fuoco che un tempo arse. I ricordi appaiono sfocati, il suo volto riesco con difficoltà a trarlo fuori dalla memoria.
Forse l’amore potrebbe bastare come attenuante al mio errore di valutazione, ma il tempo è comunque passato. Tre anni, d’altronde, sono un’eternità. Non so dire neppure se abbia importanza che io l’abbia amato oppure no; non so se potrebbe attenuare la nausea che provo adesso, durante questo mio piacevole momento dedicato all’autocommiserazione.
Il tempo, però, è comunque passato.

Vale la pena essere infelici per amore?
E senza amore?
Vale la pena essere infelici senza amore?

Ripeto: il pavimento si pulisce. E poi non mi aspetto che il pavimento mi ami. Mi prendo cura del pavimento solo per poterlo fare di riflesso con me stessa.
Sarebbe comodo che anche le persone funzionassero come i pavimenti.

altri post