IL GIORNO DEL RICORDO TRA IERI, OGGI E DOMANI

È davvero difficile poter scrivere un articolo sulla questione del Giorno del Ricordo senza prendere parti. Motivo per cui non credo sia giusto qui parlare delle questioni storiche e complesse che riguardano l’istituzione della giornata ufficiale. Mi trovo qui a scrivere questo articolo principalmente per i fatti nuovi accaduti in occasione di questa commemorazione. Per i meno aggiornati, il Giorno del Ricordo vorrebbe commemorare il massacro compiuto dai partigiani jugoslavi e titini delle foibe in risposta alla persecuzione fascista avvenuta in quegli anni nei confronti della comunità slava. Avendo frequentato la minoranza slovena per diverso tempo – ho studiato nelle scuole slovene del territorio fino alle medie – sono consapevole di quanto questo popolo sia traumatizzato e immobilizzato dalle violenze inflitte dal fascismo nei confronti di questa comunità. Una comunità che non ha mai ottenuto delle sincere scuse per gli incendi dei loro centri culturali causati dai fascisti in tutta la città (l’esempio più emblematico riguarda l’ex Narodni Dom, oggi scuola interpreti) e la discriminazione loro riservata perché slavi. La segregazione culturale poteva essere evidente già nell’obbligo di cambiare i cognomi sloveni in una versione italianizzata di esso: da ‘Vodopivec’ (voda = acqua, pivec = bevitore) si era obbligati a cambiarlo in ‘Bevilacqua’. Tutti questi fatti servono a indicare quanto sia ingiusto oggi continuare a vedere politici italiani della destra ignorare o addirittura negare i crimini che il regime fascista ha adottato contro queste comunità. È necessario sentire la responsabilità dei crimini del totalitarismo, soprattutto alla luce di quanto, prima della “conquista” italiana, i territori della Zona A e B fossero inizialmente Mitteleuropei, aperti e pronti ad accogliere persone a prescindere dalle nazionalità o religione, all’avanguardia. Tutto ciò però non potrà mai proporsi da scusante per i crimini perpetuati da Tito, la cui portata delle vittime non è tutt’ora ancora del tutto chiara a causa dei pochi documenti ufficiali a riguardo e dell’impossibilità di identificare le morti nelle foibe (sono rimaste solo ossa). La gravità dei crimini titini sono una conseguenza irrimediabile dei crimini fascisti, in alcun modo accettabili, ma vi è da aggiungere che, gli italiani avevano al possibilità di redimersi dai crimini precedenti quantomeno accogliendo i migliaia di esuli istriani in fuga dalla nuova costituita Jugoslavia. In molti casi però, la richiesta di aiuto da parte degli istriani è stata ignorata. Ancora, non è nemmeno giusto però considerare ciò che è successo nella notte tra il 7 e l’8 febbraio di quest’anno sia accettabile. È stata infatti imbrattata l’entrata del monumento ai caduti delle foibe di Basovizza, luogo in cui ogni anno al Giorno del Ricordo si riuniscono i rappresentanti del governo – principalmente di destra, insieme agli Alpini – per commemorare la memoria degli italiani caduti. Le scritte recitavano gli slogan tipici dei partigiani sloveni: «Smrt Fašizmu Svoboda Narodu» e «Trst je naš». La più grave recita «è un pozzo!». Si tratta infatti di alcune delle credenze più radicate nella comunità marginalizzata degli sloveni triestini. Sono poche le persone della minoranza che negano l’impatto delle foibe, ed è un grande errore, non solo per la memoria storica degli italiani, ma per la loro stessa memoria dei loro compatrioti, anch’essi vittime delle foibe o degli attentati di Tito. Questo però è conseguenza di sterili ideologismi che evidentemente provengono anche da sinistra, per cui al posto di commemorare il dolore si preferisce esaltare la vendetta. Tutto ciò è per me profondamente sbagliato. Non credo sia giusto tentare ancora di rincorrere chi abbia avuto ragione o torto; è giunta l’ora di smettere di ricercare il buono o il cattivo. Oggi più che mai ci deve essere chiaro che in guerra, purtroppo, tutto è lecito; ogni violenza ha un suo significato ed è necessaria per poter prevalere sul nemico, ancora di più in casi di vendetta. Per questo dovremmo essere consapevoli di quanto sia importante cercare di evitare la guerra, un rischio che oggi non deve poter essere dato per impossibile. Da triestina, slovena e italiana, che conosce il dolore di tutte le parti, vorrei che un giorno sul territorio triestino non si considerassero negativamente questi monumenti, che non fossero uno strumento politico, ma un modo per commemorare morti innocenti – che ci sono state eccome nelle foibe, sia di oppositori sloveni che italiani estranei al fascismo – senza considerare inutili etichette nazionaliste, ma considerandole come persone in quanto tali. Se non riusciamo a sconfiggere battaglie di decenni fa a noi così vicine, come pensiamo di poter affrontare un futuro che risulta sempre più complesso?

Marilia Mazzurco
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