Il 30 Ottobre in un Cinema della mia città, Verona, ho avuto modo di assistere all’anteprima del nuovo film “Berlinguer, La Grande Ambizione” con tanto di presentazione del regista Andrea Segre. Il film va a trattare un capitolo fondamentale della storia del PCI e dell’Italia, il Compromesso Storico, attraverso il punto di vista del segretario comunista Enrico Berlinguer. Questo film, dunque, ha fatto emergere in me la volontà di provare a spiegare storicamente che cosa è stato il Partito Comunista Italiano, le sue grandi particolarità e le sue evoluzioni che hanno accompagnato la storia dell’Italia contemporanea. Dunque, che cos’era il PCI nella realtà del Secondo Dopoguerra? Nel panorama dell’allora Internazionale Comunista potremmo dire che il PCI era una “bestia” un po’ particolare: era il partito comunista d’occidente più grande e più potente, partecipava regolarmente alla vita democratica del Paese e attentissimo, neanche a dirlo, agli interessi e ai diritti della classe operaia. Aveva poi contribuito attivamente alla stesura della Costituzione Italiana sotto la segreteria di Palmiro Togliatti. Eppure, egli fu uomo chiave del Comintern e dunque vicinissimo alle posizioni dell’Unione sovietica (di certo non un paese democratico). Infatti Togliatti con il PCI rimase vicino all’URSS anche quando, nel 1956, le truppe sovietiche invasero Budapest dopo che l’Ungheria (che era parte del blocco orientale durante la Guerra Fredda) era stata coinvolta da una seri di moti anti – sovietici. La cosa chiaramente creò nel partito enormi malumori che culminarono con la stesura di un manifesto firmato da 101 politici e intellettuali (detto per l’appunto “manifesto dei 101”) fuoriusciti dal PCI. Togliatti però, quando vi era stato a Mosca il XX congresso del PCUS, con la condanna da parte di Krushev dei crimini compiuti da Stalin, aveva cominciato a parlare di “via italiana al socialismo”. Una presa di posizione necessaria dato che la denuncia di tutte le brutalità compiute del regime stalinista rappresentò per i comunisti italiani una sorta di “caduta degli dei”, visto il ruolo di punto di riferimento che Stalin aveva assunto (in particolare dopo aver vinto la Seconda Guerra Mondiale). Togliatti però non ebbe mai la forza di distaccarsi dall’URSS in modo tale da ricevere una piena legittimazione democratica, solo in punto di morte sarebbe arrivata una prima condanna verso il regime di Mosca: nel 1964 mentre si trova a Jalta Togliatti viene colpito da un ictus che lo porta alla morte. Pochi giorni prima aveva redatto il suo testamento politico, il memoriale di Jalta, che sarebbe in realtà servito per un incontro con il segretario Nikita Krushev. Togliatti scrisse: “Il problema cui si presta maggiore attenzione, per ciò che riguarda tanto I’URSS quanto gli altri paesi socialisti, è però, oggi, in modo particolare, quello del superamento del regime di limitazione e soppressione delle libertà democratiche e personali che era stato instaurato da Stalin. Non tutti i paesi socialisti offrono un quadro eguale. L’impressione generale è di una lentezza e resistenza a ritornare alle norme leniniste, che assicuravano, nel partito e fuori di esso, larga libertà di espressione e di dibattito, nel campo della cultura, dell’arte e anche nel campo politico. Questa lentezza e resistenza è per noi difficilmente spiegabile”.
Un distacco ancora più netto però dall’Unione Sovietica, che appariva però sempre più distante rispetto agli ideali di piena realizzazione democratica portati avanti dal PCI, si ebbe solo con la segreteria di Enrico Berlinguer. Già nel 1968, da vice segretario, aveva appoggiato il tentativo riformatore del cecoslovacco Dubcek nella stagione della Primavera di Praga: anche qui, a porre fine a qualunque volontà di rinnovamento e alle proteste, ci pensarono i carri armati di Mosca. E qui il PCI si mantenne, a differenza di quanto successo nel ’56 a Budapest, su posizioni ostili nei confronti dell’Unione Sovietica.
Berlinguer poi da segretario (a partire dal 1972) si interessò in maniera particolare a quanto stava accadendo in Cile dove Salvador Allende fu il primo presidente dichiaratamente marxista ad assumere il potere con libere elezioni. Allende poi incominciò ad attuare tutta una serie di riforme a favore delle classi popolari (il tutto mantenendo un regime democratico) che suscitarono grande interesse nei Comunisti Italiani. L’esperimento politico cileno però si concluse in tragedia: l’11 Settembre 1973 un colpo di Stato fortemente voluto e finanziato dagli americani portò al rovesciamento del governo di Allende e all’instaurazione di un regime dittatoriale di destra guidato dal generale Augusto Pinochet. La cosa diede molto da pensare a Berlinguer: l’Italia non era nuova a trame golpiste ed era oltre tutto in una posizione strategica per gli americani, di fatto sulla “Cortina di ferro”. Facile pensare allora che una vittoria comunista alle elezioni, cosa in quegli anni assai plausibile, avrebbe potuto essere ostacolata con la forza (come effettivamente poi sarebbe emerso nel 1990 con la scoperta dell’organizzazione segreta “Gladio”, creata proprio a tal scopo). Berlinguer giunse così all’elaborazione di quello che fu dunque Chiamato “Compromesso Storico”: poiché sosteneva che l’Italia “Non è un paese che può essere governato con il 51% dei voti”, arrivò all’idea di creare una grande coalizione in cui vi sarebbero dovuti entrare sia il PCI che la Democrazia Cristiana, fino ad allora acerrimi nemici. Lo scopo di questa tregua, chiamata anche “Solidarietà nazionale”, avrebbe permesso per la prima volta dal ’47 l’entrata dei comunisti in un governo allo scopo di attuare grandi riforme di cui il paese aveva (ed ha) disperato bisogno in un momento di grande crisi economica (scaturita dallo schock petrolifero della guerra del Kippur). L’altro grande regista di questa impresa politica fu il presidente della DC Aldo Moro, esponente di punta della sinistra del partito che da anni aveva varato una “Strategia dell’Attenzione” verso qualunque novità che si registrasse a sinistra. Questa possibilità parve effettivamente concretizzarsi nel 1976 quando i Comunisti presero il 34% dei voti, appena 3 punti in meno rispetto alla DC.
I due partiti dunque avevano abbastanza seggi in parlamento per potersi mettere in crisi l’un l’altro, i tempi parevano ormai maturi. Dapprima i comunisti si astenettero nel votare la fiducia ad un governo monocolore guidato da Andreotti e poi, gradualmente, si sarebbe dovuto giungere ad un appoggio esterno e infine ad un’effettiva partecipazione all’esecutivo con ministri comunisti. Fu il rapimento Moro a fermare questo progetto: il presidente della DC venne rapito il 16 Marzo 1978, proprio il giorno in cui sarebbe stata decisa l’entrata in maggioranza dei comunisti.
Con la morte di Moro muore anche il Compromesso Storico: il PCI fino al 1979 verrà fatto pesare assai poco dalla DC mettendo Berlinguer nella difficile situazione di dover spiegare ai suoi elettori perché sosteneva un governo democristiano senza poter esercitare alcuna influenza. Proprio nel ’79 si consuma lo strappo e si torna a votare: in quest’occasione ne esce vittoriosa la DC, il PCI ha perso molti punti, calato al 30%. Da quel momento Berlinguer con il Partito si proporrà di costruire un’alternativa democratica al potere democristiano, potendosi far carico di quella che lui volle definire come la “Questione Morale”. Berlinguer morirà a Padova l’11 Giugno 1984, colpito da un ictus durante un comizio per le elezioni europee (grazie all’onda emotiva suscitata dalla sua morte, per la prima e ultima volta in quelle elezioni il PCI avrebbe superato la DC). Al suo funerale a Roma parteciparono più di un milione di persone. Probabilmente quel giorno, 13 Giugno 1984, vennero celebrati anche i funerali del Partito Comunista Italiano…ma di questo vi parlerò in un altro articolo.
