Ci scontriamo sempre con il fato; per un motivo o per un altro abbiamo e avremo sempre a che
fare con quella sconclusionata serie di incomprensibili eventi e inimmaginabili coincidenze che ci
porta a fantasticare circa il modo in cui le cose accadono. C’è un bel film che parla di provvidenza,
non intesa nel suo senso cristiano, bensì proprio nel senso di necessità ineluttabile, da cui è
impossibile scappare e che è inutile cercare di prevedere. Il film è Past Lives, di Celine Song, uscito
nel 2023, che narra della relazione tra due dodicenni coreani costretti a separarsi e poi viventi due
luoghi del mondo molto distanti fra loro. Si ritroveranno a pensare l’una all’altro per gran parte della
loro vita, fino ad aver modo di vedersi di persona solo dopo svariati anni. Ad un certo punto la
protagonista conosce un uomo in una casa d’artisti, e gli parla dello In-Yun. Na Young glielo spiega
ricorrendo al destino, e presentandolo come ciò che permette l’incontro e la relazione tra due persone.
Il significato di questo termine è di una tenerezza disarmante e profonda, tale per cui anche il semplice
sfiorarsi tra due sconosciuti in un mercato gremito di persone potrebbe indicare che in un’altra vita
c’è stato qualcosa fra loro. È un po’ come quando posiamo lo sguardo su qualcuno senza prestare
attenzione al fatto che pure l’altro lo sta posando su di noi, e nel momento in cui ce ne accorgiamo
sentiamo un lieve e piacevole brivido che ci percorre la schiena e proviamo un’emozione aliena, una
sorta di nostalgia dell’altrove, connessa alla possibilità di un’esistenza altra, forse già vissuta, e
magari proprio con questa persona, anche se solo collateralmente.
Al di là del fatto che io trovi estremamente dolce e rassicurante, oltre che misteriosa, questa visione del mondo, credo che in un periodo di incertezza politica come quello che stiamo vivendo sia indispensabile far leva e ancorarsi ai legami che ci uniscono, fino a formare una rete inestricabile tra noi e l’Altro. Anzi, forse la chiave di volta per condurre un’esistenza degna di questo nome stando al passo con gli eventi socio-politici che ci toccano – ed è giusto che ne percepiamo il tocco, altrimenti non saremmo cittadini di questo mondo – è proprio giocare con la prospettiva di un legame inesistente nel qui ed ora ma facente parte di un mondo possibile più o meno distante dal nostro. Past Lives parla prevalentemente di vite passate, però nulla vieta di trasporre alcune caratteristiche della nostra esistenza in un mondo possibile futuro, concedendoci di percorrere una di quelle vie le quali non sono state affette dal genocidio metafisico che invece ha portato tutte le altre alla distruzione. E dove finiscono questi percorsi metafisici? Perché non riportarli in auge dando loro rilievo quantomeno nel nostro modo di entrare in contatto con l’Altro nella vasta gamma di possibilità che si dispiega di fronte a noi? Il film insiste sulle vite passate perché sottolinea che lo In-Yun che sentiamo con l’Altro è dovuto ad un rapporto precedente, senza il quale non ci potrebbe essere quell’intesa, o quell’apertura all’intesa, da cui veniamo sfiorati. Ragionandoci
sopra, però, in termini di mondi possibili non credo si possa parlare di passato e futuro, perché è come
se il tempo fosse relativo alle caratteristiche che ritroviamo in un mondo o nell’altro; ma queste
caratteristiche hanno a che fare con il tempo solo nella misura in cui a 5 anni avevo i capelli molto
corti e ora non più, e rifletto questa caratteristica in altri mondi possibili. È chiaro però che ci sarà
almeno un mondo possibile accessibile dal mio in cui io ho 22 anni e mi ritrovo con la stessa
capigliatura di quando ne avevo 5, quindi da qui si vede che misurare lo scorrere del tempo a partire
da questa mia caratteristica non è la mossa ideale.
Nel nostro mondo, dopo aver appurato la vittoria di Trump alle presidenziali statunitensi, ci
troviamo a dover monitorare la situazione sul fronte Cop29, la conferenza iniziata l’11 novembre e
protraentesi al 22 dello stesso mese. Diciamocelo chiaramente: il pianeta non ha molte speranze, e
non solo perché alla conferenza di Baku, in Azerbaijan, mancheranno Macron, Biden e Merkel, tra
gli altri, ma anche perché per la seconda volta consecutiva essa ha luogo nel territorio di uno dei
massimi esportatori petroliferi. Non solo, dunque, il profilo internazionale della medesima perde di
consistenza, ma tra i conflitti d’interesse e l’imminente ascesa di Trump – che entrerà in carica a
gennaio – il futuro non appare roseo. Se anche Biden avesse deciso di presentarsi, infatti, le decisioni
della sua amministrazione sarebbero state sicuramente ribaltate dall’amministrazione che aspetta gli
Stati Uniti e il mondo intero al varco, vanificando tutti gli ipotetici sforzi precedentemente portati
avanti. E, al momento, ci stiamo concentrando sulle questioni internazionali solo per scacciare il tarlo
di quanto è avvenuto e sta avvenendo in Italia, tra la GPA reato universale e il DDL Sicurezza che
minaccia le nostre esistenze come la spada di Damocle pronta a scivolare e colpire. La prospettiva
dello In-Yun, forse, è proprio ciò che può salvarci nella nostra quotidianità di esseri socievoli.
Accanto alle manifestazioni, alle riflessioni, alle informazioni, alle opinioni – le quali fanno di noi
esseri politici – è necessario un lato relazionale puro, capace di portare un po’ di speranza e apertura
verso nuovi orizzonti e inedite prospettive di sviluppo interpersonale. E non scenderei alla
conclusione che si tratti di una magra consolazione, illusoria e inibitoria. Anzi, seguendo Devereux e
la sua visione dell’individuo come di un prisma, le cui facce riflettono sempre qualcosa di diverso e
complementare tra esse – e così egli affermava, per esempio, che alla malattia psichiatrica è
necessario approcciarsi sia da un punto di vista sociale che psichiatrico, senza che queste due
dimensioni vadano a sovrapporsi entrando in conflitto tra loro, ma che piuttosto riconoscano i limiti
di esse medesime per poi agganciarsi tra loro come fossero tesserine di un puzzle – direi che quella
delle relazioni pure, cariche di positive implicazioni personali e interpersonali è indispensabile, pena
il venir meno di un tassello del nostro essere senza il quale saremmo privati della dignità di persone
aventi emozioni e sensazioni, a prescindere dalla carica politico-sociale di cui ci ammantiamo ogni
giorno.
Ed è così che ora, probabilmente, per ben comprendere lo In-Yun, si è reso fondamentale
guardare, o riguardare, Past Lives sotto questa luce.