Di recente il mondo del booktok (per i profani, la comunità di creator e fruitori di contenuti a tema letterario pubblicati sull’app di TikTok) è stato travolto da una notizia a dir poco controversa. La casa editrice Penguin Books, una delle più note aziende del settore editoriale, ha infatti annunciato la ristampa dei sei romanzi scritti dalla celeberrima Jane Austen, proponendoli però in una chiave del tutto inedita. Il contenuto delle opere naturalmente resta invariato, ma i libri si presentano con copertine cartoonesche dalle tinte pastello, assimilabili in tutto e per tutto a quelle dei titoli young adult dal contenuto più “leggero”. Inoltre, una semplice ricerca sul sito della Penguin permette di leggere i brevi estratti delle nuove prefazioni alle opere di Austen, scritte dalle autrici di alcuni dei bestseller del genere sopracitato. La notizia ha immediatamente scatenato un accesissimo dibattito tra chi si schiera a favore di una popolarizzazione dei classici della letteratura, utile forse a far avvicinare più giovani alla lettura, e chi ritiene che una simile mossa di marketing non sia altro che una grave banalizzazione di romanzi complessi, stratificati e, perché no, talvolta di difficile piena comprensione. La questione di inserisce all’interno di una cornice più ampia, che abbraccia tutto quello che il cosiddetto booktok sembra promuovere come modello di lettura. Per capire a fondo la questione di queste nuove pubblicazioni, è necessario fornire un’analisi proprio del booktok stesso.
Lo spazio della piattaforma cinese dedicato agli appassionati di libri può essere diviso in due sezioni: la prima, più standard, include tutti i content creator che si occupano della realizzazione e pubblicazione di video a tema letterario, spaziando dalle loro ultime letture a vere e proprie recensioni di singoli titoli, ognuno di essi con il proprio seguito personale di follower e curiosi. L’altra parte è estremamente simile, anzi forse addirittura identica per tipologia di contenuti, ma si differenzia per i libri che ne sono l’oggetto di interesse. Si parla infatti di titoli meno “classici”, prevalentemente a tema romance e declinati in tutte le sfumature del genere. Spesso si tratta di libri a forte carica erotica, alcuni addirittura porno, articolati intorno a trope (modelli di trama) precisi: enemies to lover, age gap, slowburn ecc, proprio come avviene nelle categorie di ricerca di molti siti porno. Sia chiaro, non c’è assolutamente niente di male nello scrivere o nel fruire di romanzi d’amore o erotici perché, come diceva Oscar Wilde, non esistono libri morali o immorali, esistono solo libri scritti bene o scritti male. Il problema però è che questi titoli spesso non sono esempi eccelsi di prosa, cosa su cui si può anche soprassedere, ma ancora più spesso, e questo a parer mio è intollerabile, si fanno portatori di storie d’amore che di romantico hanno ben poco. Numerose storie, il cui target tra l’altro sono soprattutto ragazze giovanissime (si parla addirittura di preadolescenti), hanno come protagonisti maschili ragazzi tossici, violenti, gelosi e possessivi, e rischiano così di diventare modelli assolutamente diseducativi per delle ragazze alle prime armi emotive. Uno dei titoli più famosi degli young adult romance, After, ne è un esempio lampante. Il protagonista Hardin non solo è un violento rissoso, ma è anche colpevole di diffusione non consensuale di materiale sessuale, atto che viene romanticizzato all’interno del libro e in nessun modo decostruito nella sua problematicità.
Dal punto di vista del marketing di questi prodotti, è interessante riflettere sul vecchio adagio “non si giudica un libro dalla copertina”. Sono sinceramente convinta che questa massima possa applicarsi metaforicamente a tutto e letteralmente non ai libri in sé. Questi romanzi, infatti, sono estremamente uniformati in termini di grafiche di copertina, come spiega nel dettaglio lo youtuber Jack Edwards nel video “spicy books with cartoon covers & the tiktok-ification of classics”. Se da un lato queste scelte stilistiche omogenee possono essere utili a far spiccare il genere tra gli scaffali, è anche vero che rendono quasi impossibile distinguere i titoli che trattano di leggere storie d’amore da quelli che affrontano intense scene erotiche. I personaggi colorati, bidimensionali e sorridenti in copertina ammiccano al lettore da ogni copertina, lasciando ampio spazio di “errore”.
Ritorniamo così all’argomento principale di questo articolo, ovvero le nuove copertine di Jane Austen. Scegliere di rebrandizzare dei romanzi immortali (e che di essere rivenduti hanno un bisogno relativo) in questo modo, significa scegliere consapevolmente di fare leva sulla moda del momento e adoperarsi affinché il grande pubblico di giovani lettori si avvicini a Austen solo perché convinto che si tratti di romanzi rosa o addirittura erotici. Questa scelta è profondamente problematica per due motivi.
In primis, i romanzi di Jane Austen non sono semplici romanzi d’amore. È vero, le protagoniste si innamorano e si sposano e attraversano tutti gli stadi dei tormenti sentimentali, ma sono anche e soprattutto donne tridimensionali, con i loro sogni, pensieri e paure. Ciò di cui Jane Austen scrive davvero non è il mero innamoramento, ma il complesso sistema di scelte, aspettative e profonda umanità con cui le sue personagge devono interfacciarsi. Spesso si parla di problemi di ceto sociale, di denaro e differenze finanziarie, della frustrazione di sapere che in quanto donne esse dovranno sempre piegarsi a un uomo e dei loro spasmodici tentativi di sceglierne uno meritevole. Etichettare queste storie come romance è una terribile banalizzazione di una narrazione complessa e stratificata, scritta con una prosa d’altri tempi e, perché no, forse a tratti addirittura noiosa, ma sempre autentica e veritiera.
In secondo luogo, non è questo il modo di far avvicinare i giovani alla lettura. Un’altra delle questioni che da tempo infiamma il booktok è l’idea che chiunque critici i romanzi romance stia in qualche modo promuovendo una cultura di serie A, che comprenderebbe i cosiddetti “classici” (cui Jane Austen appartiene) e i libri contemporanei più impegnati, e una cultura di serie B, che invece abbraccerebbe i titoli cari al booktok appassionato di storie d’amore e di erotismo. Mi sembra scontato ribadire che non è questo il punto. Criticare e decostruire romanzi problematici non per il loro genere di appartenenza, ma per i loro effettivi contenuti e messaggi, non significa elevarsi in una posizione élitaria, ma preoccuparsi sia per la diseducazione che essi possono comportare per dei lettori troppo giovani, sia per la grave tendenza alla semplificazione cui la lettura sembra starsi avvicinando.
La lettura e un’attività intellettuale necessariamente complessa e faticosa, una manna per nutrire la soglia dell’attenzione sempre più bassa anche per via di tiktok, e uno strumento per affacciarsi su mondi vecchi e nuovi, per imparare a parlare, scrivere e talvolta persino a pensare. È difficile, ma è giusto così. Ridurre il tutto a un set precostruito di trame pronte all’uso non serve ad altro che a impoverire un patrimonio culturale ricchissimo e stimolante e a far passare il messaggio che i giovani siano troppo stupidi per leggere romanzi un po’ impegnativi. Mi rifaccio qui alle parole della youtuber e divulgatrice Ilenia Zodiaco, che nella sua newsletter “Insidebooks” scrive:
“Basta con quest’idea di ‘semplificare’ e abbassare i classici per renderli leggibili e cool. Sembra di assistere a un anziano che scimmiotta lo slang dei trapper. Sono già narrazioni immortali, non c’è bisogno di trasformarle. È una visione davvero pessimista dell’adolescenza. […] Sono un po’ stufa di quest’idea che sia sempre la cultura a doversi ‘giustificare’ per essere al passo con i tempi. […] Accettiamo l’idea che i classici siano complessi e ogni tanto difficili da decifrare, e va bene così. Basta con quest’edulcorazione della realtà. No, non è uguale se leggi la versione ridotta e riassunta da ChatGPT di un libro”.
Non avrei saputo dirlo meglio.