LA QUARTA DIMENSIONE NELL’ARTE E NEL CINEMA: IL “TESSERACT”

Lo spazio quadrimensionale è l’estensione matematica del concetto di spazio tridimensionale, il quale permette di descrivere le posizioni e le dimensioni degli oggetti di tutti i giorni. La teoria matematica formale che estende  gli spazi euclidei a più di tre dimensioni è nata solamente nel corso del XIX secolo, grazie all’opera  di Ludwig Schläfli, un matematico svizzero che tra il 1850 e il 1852 scrisse il suo lavoro principale , Theorie der vielfachen Kontinuität. In questo trattato definì le basi per lo studio della geometria lineare degli spazi n-dimensionali, trattando i punti di questi spazi come soluzioni di equazioni lineari. Inoltre Schläfli definisce quelli che oggi vengono chiamati politopi, ovvero l’analogo multidimensionale dei poligoni e dei poliedri, classificando anche quanti e quali di essi potessero essere regolari, trovando quindi i parenti n-dimensionali dei solidi platonici e dei poligoni regolari.

In figura i sei politopi regolari in dimensione quattro (il secondo da sinistra in alto è il tesseratto):

Nel 1880 questa teoria matematica fu resa popolare grazie ad un saggio di Charles Howard Hinton , “What is the fourth dimension?”, pubblicato sulla rivista dell’Università di Dublino. Tra l’altro fu proprio lui a coniare il termine “tesseract” e, come già detto, regalarlo all’immaginario popolare.

A cogliere il frutto di questa scoperta sono state le menti scientifiche più audaci del ‘900 e, grazie allo strettissimo ed eterno legame presente tra arte e matematica, anche numerosi artisti. In questo articolo si parlerà in particolare di un’opera a mio avviso sconvolgente per quanto geniale. Sto parlando del  “Corpus Hypercubus” (1954) di Salvador Dalì, celebre pittore surrealista il quale, anche grazie a quest’opera, segnò il suo passaggio dal misticismo nucleare al misticismo religioso (svolta non vista di buon occhio dal movimento). In quest’opera Dalì riuscì a realizzare l’irrealizzabile unendo arte e geometria. Infatti, il Cristo in questa rivisitazione surrealista della Crocifissione classica, non ha i chiodi né la corona di spine, così come non sono presenti neanche tracce di sangue. Il Cristo fluttua nell’aria libero, in segno di Redenzione fisica e metafisica.

Ma anche la croce non è affatto tradizionale, in quanto possiede una volumetria particolare e non è una semplice unione di due travi di legno ortogonali…Di cosa si tratta allora? Per capirlo meglio torniamo a quando da piccoli ci facevano disegnare una croce su un foglio formata da sei quadrati uguali e ci dicevano di ritagliarla, piegare i lati e costruire un cubo.. avete presente?

Bene, in quel caso la croce disegnata sul foglio rappresentava la scomposizione di un cubo in uno spazio con una dimensione in meno (il foglio)! Allo stesso modo possiamo, con uno sforzo di astrazione, immaginarci il nostro cubo in uno spazio quadridimensionale, che abbiamo chiamato sopra tesseract. La sua scomposizione o sviluppo tridimensionale è proprio la croce rappresentata da Dalì, il quale in questo modo riesce a porre su tela qualcosa di nemmeno figurabile nelle nostre menti, come un oggetto 4D.

Così come non è possibile visualizzare figure solide in uno spazio quadridimensionale, così non è concesso a nessun uomo di scorgere la mente divina: nessuno può conoscere i reali disegni di Dio. Eppure, per coloro che credono, il divino può dare prova della sua esistenza quando decide di manifestarsi in una forma a noi comprensibile. Dio ha parlato agli uomini facendosi uomo a sua volta, l’ipercubo si è scomposto in una dimensione in meno per rendersi manifesto nello spazio tridimensionale umano, dando vita ad una forma geometrica che ci lascia intendere l’esistenza di una dimensione ulteriore. In questo senso possiamo dunque percepire qualcosa che in realtà non possiamo vedere, come la quarta dimensione.

Qui sotto un’immagine del tesseract e del suo sviluppo:

Ma la potenza della scoperta matematica degli spazi euclidei n-dimensionali non si esaurisce nell’immaginario collettivo con l’opera di Dalì. Infatti, il mistero delle dimensioni superiori ha suscitato interesse anche nel mondo del fantasy ed in particolare nell’universo Marvel. Se nei fumetti è chiamato Cubo Cosmico, nel mondo cinematografico Marvel viene definito tesseract , ispirandosi proprio al termine utilizzato da Charles Howard Hinton per descrivere l’ipercubo quadridimensionale. Nella sua prima apparazione cinematrografica, viene descritto come “Energia illimitata” da Nick Fury nella scena dopo i titoli di coda di Thor. Creato dagli dei di Asgard è l’oggetto del desiderio del Teschio Rosso in Captain America-Il primo vendicatore, dove viene usato dallo scienzato Armin Zola per alimentare le nuove invenzioni belliche per vincere la Seconda Guerra Mondiale. Alla fine del film finisce nelle profondità dell’Artide. In The Avengers Loki combatte contro i Vendicatori per il possesso del tesseract, che deve consegnare a Thanos. La sua impresa fallisce, però, e l’oggetto viene riportato da Thor sotto la custodia degli Asgardiani. Ancora, in Thor: The Dark World viene rivelato che esso contiene una delle Gemme dell’infinito (la Gemma dello Spazio), mentre in Avengers: Infinity War, Thanos si fa consegnare il Tesseract da Loki, scambiandolo con la vita del fratello Thor, per poi schiacciare il cubo, estrarne la Gemma dello Spazio e incastonarla nel Guanto dell’Infinito. Quindi questo cubo potentissimo è stato il Macguffin su cui si è basato quasi tutto l’universo cinematografico Marvel!

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