Ieri ho buttato giù 50 pasticche. Me le ha date Barbara la farmacista. MALEDETTA STR***A! C’è scritto Luffa: è un omeopatico, è fuffa. Volevo morire. Avere coscienza è una tragedia e tu mi hai truffato con la luffa.
Sono Antonio, maschio bianco etero cis e anche figo se posso. Antonio, appunto, 45 anni e capricorno da ‘na vita. Sono un ingegnere aerospaziale nella nota ditta di peacekeeping di Torino. In realtà, non è proprio a Torino: è un po’ fuori ma di usare gli spostapoveri anche no, così ho preso in leasing il mio suv.
C’è chi diceva che quella Jeep rappresentasse la mia arroganza. La mia fallicità. Insomma, il mio cazzo. O che ne fosse un’appendice. Forse no, forse sì? Che cazzo me ne frega? Tutti (e tutte le femministe) solo invidiosi: io figo, intelligente, indipendente e guadagno pure bene.
Palestra, suv, produzione all day long, suv, casa, date e scopo all night long. Sono capricorno, d’altronde. Il mio hobby, anzi no: il mio scopo nella vita è mettere le corna a quei caproni fedeli dei compagni delle mie vittime. Che poi, vittime? Si divertono anche loro, suvvia: smettiamola con questa retorica da governo meloniano. Forse si divertono più con me che con quei noiosoni impertinenti dei loro amati regolari. E lo sanno.
Io non ho colpa: me le prendo in leasing un week end, più spesso giusto una notte ma a volte solo anche una serata perché poi devono scappare a foraggiare la fiducia giurata a Dio verso corpi spenti, chissà se dai figli, dalla fedeltà e da falsi idoli o se da una semplice uscita dalla scena del teatro mondano.
Io, invece, ho sempre voluto stare al centro della scena. Un Dongiovanni? No, un santo che combatte i malanni di tutte. Con loro, però, non voglio parlare ma non solo perché le bocche servono a fare altro, eh! Beninteso.
Insomma, tutto procedeva bene. Vivere così per 20 anni è un sogno che auguro a tutti. Anche ai miei peggiori nemici. Certamente: basta crederci. Tutto procedeva bene, appunto. La mia vita scorreva da DIO: niente capelli bianchi, niente rughe, niente buchi in testa. Bene, anzi in maniera ottimale, scorreva anche il sangue nei miei strumenti di lavoro. Massima diligenza, massima efficienza ovunque.
Mai mai mai avevo dubitato di me, nemmeno quando un gruppo di fricchettoni di Palazzo Nuovo avevano invaso il mio ufficio dandomi dell’assassino. Io davo loro degli invidiosi, dei rancorosi, degli astiosi… Insomma, per citare quella gran bontade dei cavalieri antiqui!, non erano che dei povery comunisti, per i quali bisogna provare pena.
Avevo anche detto loro che se avevano bisogno di denaro, bastava chiederlo: una piccola donazione per il fumo gliel’avrei pure fatta a quei senza speranza.
Ma sentite che c’è qualcosa che non va? Che sto pensando? Che sto scrivendo?? Usando i sinonimi? AAAAAAAAA
Ieri ero in tangenziale e stavo chiamando Barbara, 52 anni scorpione. Non è la prima volta che ci troviamo. Con un profumo all’ananas, si era presentata brillante. Le davi 20 anni in meno alla riccia Barbara. Barbara mi chiedeva a che ora stasera? Dai, facciamo alle ven
Ma uno sguardo mi catalizza. È un fulmine. È un giudizio divino. Attraverso i nostri occhi si è compiuto un mistero. La mia tragedia. Forse il passaggio di un sacro messaggio? Chi lo sa?
Non ho avuto tempo. Antonio? Antonio? Mi chiede Barbara. Antonio? Sta entrando mio marito. Antonio a che ora, quindi? L’ho messo sotto.
Non sapevo che fare. Fermarmi? Andare avanti? Guardo l’orologio. Barbara bestemmia e riattacca. Sono le 7:53. Rischio di entrare in ritardo. Non posso fermarmi.
Mi parcheggio. Altri comunisti mi offendono. Io li scanso.
Salgo su, mi sento vuoto, sperso, assente. Ne conoscevo uno uguale da bambino, penso: lo stesso sguardo, gli stessi occhi.
Mi siedo. Assente. Non riesco nemmeno ad accendere lo schermo. Passata mezz’ora il mio capo mi guarda e mi fa che succede? Bho, gli faccio, non so. Vai a casa, mi fa. È brutto essere la vittima ogni tanto, mi fa. EH, gli faccio. Ah già, anche sua moglie era stata con me, penso, e lo sa. Vai a casa Antonio, mi fa.
Nel viaggio di ritorno, ci penso ma non ci ripasso sul luogo dell’illuminazione. È lì che sono forse caduto da cavallo? Non vedo, non penso. Sull’asfalto non c’è niente.
Arrivo. Parcheggio. C’è un mendicante sul corso che chiede denaro, forse un gitano. Gli do quel che ho. Mi guarda e mi ringrazia, iper-scrutandomi scioccato. Grazie, Antonio mi fa. Ma come lo sa il mio nome?, gli faccio. Lo si sa, mi fa.
Entro a casa. Il silenzio. Mi guardo allo specchio. Occhi a palla: non mi riconosco.
Oddio. Sento dolore ma non capisco da dove. Sto bene, sono figo. Guadagno bene. Scopo da dio, come un coniglio. E allora?
Accendo la televisione, c’è il telegiornale. Ascolto dei morti di Gaza. È finita la tregua. I missili. Quei missili che bombardano. Quei missili hanno la mia firma.
Era un bel gatto nero il mio. Ci sono cresciuto insieme, veniva ogni sera a dormirmi sui piedi. Un giorno, io facevo le superiori, è sparito. Ho pianto. Lo cercavo. Poi è arrivata una lettera con due immagini. C’erano un sandwich ed un tipo che si mangia il sandwich. L’epigrafe: ecco cosa succede quando tocchi cosa non devi toccare, con un po’ di peli neri attaccati lì.
Ci misi ore. Il cornuto s’era mangiato il mio gatto. Bastardo.
Ero scappato al nord, ho studiato qui al politecnico. Sognavo di diventare astronauta della ISS, fare ricerche in ambiente internazionale sulla fisica senza gravità.
Ora, le mie perizie uccidono arabi per fare spiagge.
Sento dolore ma provo fervore.
Cerco dei libri in casa: ho il pomeriggio libero. Trovo una Bibbia e un’enciclopedia su Marx e Engels. Mia madre era cattocomunista. Prima di morire mi disse: puoi buttare me ma non questi. Aveva militato nel ’68 fiorentino ma ero nato a Catania.
Ora sono a Torino. E mi dispero.
Non mangio non dormo e non penso ma sul fare del buio mi suonano. Faccio fatica, mi alzo, vado ad aprire.
Entra una donna con un profumo all’ananas. Mi prende, mi bacia, mi palpa l’uccello. Io non mi muovo. Mi butta sul divano, chiude la porta, e mi guarda.
Mi guarda.
Mi guarda intensamente.
Che cazzo, urla. Lo sapevo che finiva così, mi fa. Non capisco, le faccio. Io ho capito tutto, mi fa. Finisce sempre così, urla e gira per casa: vede due fotografie di un sandwich e di uno che mangia un sandwich, vede la televisione ferma su un servizio su Gaza, vede Il Manifesto aperto. Copre di nuovo i seni.
Mi guarda. Mi riguarda e mi fa: sei stato colpito. Colpito e affondato. Non solo dalla coscienza ma dalla coscienza di classe, d** fa.
Le faccio: e ora che faccio?
Io mi compro un dildo, mi fa. Poi mi esce dalla borsa un contenitore cilindrico bianco. 1 al giorno di queste e tornerai in te. Non abusarne. Con due mal di testa, con tre nausea, quatto cinque priapismo, 7 8 9 allucinazioni, vaso ostruzioni, con molte è la morte. Attento, mi fa.
Esce. Mi alzo, chiudo a chiave la porta. Vado in bagno.
Sono sconfortato. Non ho nessuno da chiamare. Sono un assassino. Mi guardo allo specchio e non mi vedo. Sono un traditore, cazzo. Non posseggo niente ma il diavolo mi ha posseduto: cosa ci faccio questa coscienza?
Grazie Barbara. Grazie a te, capisco che è ora di farla finita. A nulla vale questa vita. Prendo la boccetta e la butto giù. Da eroe, scrivo su un foglietto di fianco al letto perdono tutti ma perdonate me e vado a coricarmi senza togliere le scarpe.
Good bye.