«Mente e corpo sono la stessa cosa». Questa frase riecheggia nella mia testa da molti mesi a questa
parte. Mi arriva dalla cerchia degli studi che faccio, dei corsi che seguo e delle persone che frequento.
Cosa significa però? Come fanno mente e corpo ad essere la medesima cosa? Possibile che il body-
mind problem, che ha afflitto e continua ad affliggere intere generazioni di filosofi, possa trovare una
sorta di appianamento in questa – apparentemente – semplice massima? Credo che il punto sia proprio
questo: non c’è nulla di semplice in questa affermazione. Se mente e corpo sono la stessa cosa
significa che sono parte dello stesso essere visto sotto due prospettive diverse e fra di esse
complementari. Significa anche che se ci limitiamo ad ascoltare la mente a scapito del corpo o
viceversa, perdiamo una parte consistente di ciò che l’essere di cui queste due prospettive fanno parte
sta cercando di comunicarci. Quanti di noi sono in grado di descrivere esattamente una sensazione
fisica? Quanti una percezione psicologica? Quanti entrambe, invece?
Qualche giorno fa mi sono ritrovata a dover descrivere ad un’amica un dolore fisico da me vissuto
durante le feste di Natale 2021 e ad ora non indagato con i dovuti accertamenti. È stato complesso:
non avevo – e non ho tutt’ora – una diagnosi cui appoggiarmi e di cui i sintomi siano chiaramente
conosciuti e riconosciuti senza il bisogno di scavare a fondo, e mi pareva anche di non avere gli
strumenti per procedere per analogia rispetto ad altri campi e ad altri oggetti che potessero dare forma
ad una sensazione simile. Mi sbagliavo. Dopo un po’ ho cominciato a parlare di spilli, di
bruciacchiature, di pettini e dei loro denti, e ho ricondotto quel mio stato a tutta una serie di crescendo
e decrescendo, ponendo bene in chiaro quale è la differenza tra spilli e denti del pettine, così come
tra bruciature e bruciacchiature. Al termine, la mia amica mi ha chiesto se fossi arrivata a
padroneggiare una descrizione di questo tipo durante una delle pratiche di meditazione che hanno
seguito quel momento. No. Devo averci riflettuto mentre ero distesa a letto, una sera, quando ho
percepito l’eco di quelle bruciacchiature in un’altra zona del mio corpo, sempre però afferente a quel
macroambiente in cui qualche tempo prima si erano conficcati gli spilli. Poi mi ha guardato con
un’ammirazione a cui non sono abituata e che tutt’ora mi fa sentire strana, osservata, e mi ha detto
che è stato potente il modo in cui sono riuscita a dare voce al malessere del mio corpo. Perché molte
persone non ne sono in grado, e si limitano a metterlo a tacere. Ma perché è così importante riuscire
a dare prima ascolto e poi forma al nostro sentire fisico? E in che misura tutto ciò ha a che fare con
la mente? Credo che la risposta si ponga non solo nelle pieghe della capacità di mettere a parole e
formulare in pensieri il modo in cui ci si sente, ma anche nell’apertura alle possibili analogie che si
possono ancora trovare rispetto a quel medesimo tema, ed in particolare, per esempio, al rapporto che
una persona può avere con il fuoco – perché ho percepito bruciacchiature e non bruciature? – o con
un pettine – perché quel dolore mi ha ricordato proprio i denti di un pettine e non altro? In quale
ambito della vita ritorna il fuoco? E il pettine? Godere della capacità di ascolto del proprio corpo offre
indubbiamente la chiave per aprire porte altrimenti nascoste dietro la coltre di polvere e nebbia della
nostra incuria. E permette alla mente di guardare oltre il proprio seminato, che è ben poca cosa se non
raffrontato con il suo complementare.
In conclusione, sì, forse il body-mind problem necessita di essere affrontato attraverso la logica dei
complementari, pena la banalizzazione dell’argomento e l’arbitraria attribuzione di una posizione di
rilievo ad una piuttosto che all’altro. Sta a noi, però, prenderci cura dell’armonico intrecciarsi di
queste due prospettive, così come dell’ascolto attento e consapevole di entrambe. In quale modo ciò
avvenga è del tutto secondario, credo.
MENTE E CORPO: DUE FACCE E UNA SOLA MEDAGLIA
