NOI DUE CI APPARTENIAMO – ROBERTO SAVIANO

Scordiamoci pure la spontaneità, il gioco, il piacere senz’altro fine, la passione. Assolutamente scordiamoci l’amore, supremo corruttore di ogni pretesa di controllo. L’amore è entropia pura, è disordine, è caos. E la ventata che entra smargiassa dalla finestra quando già il croupier aveva ordinato bene il mazzo, si era fatto i suoi piani con il massimo profitto. Conosceva già gli esiti.

L’amore se ne fotte. Spariglia le carte e lo fa come vuole lui, entra come una folata di anarchia e butta tutto all’aria.

Sono le perle che Saviano ci offre nel prologo del suo ultimo libro, che intitola con una citazione presa da una lettera inviata a Matteo Messina Denaro da una sua amante: Noi due ci apparteniamo.

Roberto Saviano è uno scrittore napoletano, nasce nel 1979 e ad oggi vive sotto scorta per il suo lavoro di inchiesta in ambito di associazioni criminali. Lo conosciamo tutti in quanto autore del bestseller internazionale Gomorra, da cui l’omonima serie tv.

Noi due ci apparteniamo è un reportage narrativo di storie, che vede come protagonisti personaggi più o meno noti della criminalità organizzata, dai boss ai killer, dalle mogli, alle figlie, alle amanti dell’associazione. Una tesi fondamentale che fa da filo rosso: le mafie trattano la cosa sentimentale, romantica, sessuale, per definire le linee del potere, esercitare un controllo, immaginare successioni, incardinare nuove alleanze o smantellarne di vecchie.

Con una narrazione torrenziale, impetuosa, entra caleidoscopicamente nella vita intima dei protagonisti, che hanno nome e cognome veri questa volta. Per la prima volta l’obiettivo che li punta non è quello di una telecamera di sorveglianza, ma di una cinepresa che si muove ai loro movimenti, secondo primi piani disarmanti. L’occhio di Saviano me lo immagino così. Uomini dal cuore di tenebra, donne da vittime a carnefici, da portatrici di salvezza a diaboliche assassine si presentano uno ad uno in un quadro, talvolta romantico, talvolta atroce, della criminalità organizzata alle prese con la questione più spinosa e delicata che le si possa presentare: il sentimento, l’amore. 

Campania, una donna che chiede a suo marito di uccidere la ragazza con cui la tradisce, con la promessa di tenersi la bastarda in casa. Non è un atto di gelosia, quanto di dimostrazione di potere agli occhi del Sistema: se mio marito può tradirmi allora tutti possono farlo (la bastarda resta in casa perché è sangue di famiglia e innocente). 

Calabria, una ragazza appena adolescente viene fatta sposare con un ragazzo di una famiglia con cui allearsi, lui va in prigione e lei viene rinchiusa in casa, protetta da padre e fratelli come capitale da cui dipende tutto, titolo nobiliare che puoi smarrire. Intanto, online, conosce un ragazzo, ci fa l’amore, e stanca del mondo in cui vive e che non ha scelto, decide di collaborare con la giustizia. La famiglia non la perdona, la costringe a ritrattare. Lei si toglie la vita ingerendo dell’acido muriatico. 

Che sia stata costretta o che l’abbia fatto sua sponte, è un epilogo che va a sommarsi alle altre storie del libro, che alla fine dipinge un quadro completo della figura multisfaccettata della donna nell’ambito delle organizzazioni criminali, per certi versi molto distanti dai luoghi comuni impressi nell’immaginario comune, non farò altri spoiler. 

Saviano ci presenta tanti nomi, tante storie che gli sono state raccontate, che ha ascoltato, che ha ricostruito di prima persona. Da un racconto riportatogli da Joe Pistone, meglio conosciuto come Donnie Brasco, agente dell’Fbi coinvolto nella più lunga operazione sotto copertura nella mafia italo-americana newyorkese, l’autore ci racconta di Lou. Seduto ad un tavolo da poker, senza più un dollaro da giocare, caccia dal portafoglio la foto di sua moglie e se la gioca. Muore massacrato dal clan, se appena sotto pressione arrivi a venderti la donna, la tua affidabilità non arriva oltre il tuo naso.

Il controllo della cosa sentimentale, romantica, sessuale, che si traduce in valori e leggi morali è la più alta forma di autoritarismo. L’opposizione ad esso è frequentemente cantata nella letteratura, sin dalle origini. 

Iliade di Omero, Saviano in un incontro tenuto al teatro Colosseo di Torino si sofferma sul profilo di Paride. Siamo allo scontro che sarebbe dovuto essere decisivo per la guerra di Troia, il duello tra Menelao e Paride. Saviano evidenzia la contrapposizione tra le due figure: Menelao e la sua adeguazione ai valori al costo della vita, la sua prontezza, il suo coraggio, la determinazione alla vittoria, e Paride, che in cuor suo non vuole combattere, ha ancora sete di tempo da spendere con Elena, morire significherebbe perderla per sempre. I due si affrontano, Menelao non vedeva l’ora, villoso, grosso, carico di forza, barba scura, carismatico, sta avendo la meglio su Paride, “bello come un dio”, nasino, ricciolino. Elena dalle mura di Troia sta osservando, Menelao è come un leone davanti a tante prede, ma ne vuole solo una, Paride, e la sta per uccidere. Paride ha paura, scappa, corre ai piedi del fratello, è la vergogna dei Greci, che uomo é? Viene spinto nuovamente in campo, quando d’un tratto inizia un mulinello di sabbia e terra, divino, voluto da Afrodite, che lo trasporta fino alla stanza di Elena, la quale, ammaliata dalla passione del giovane, dimentica la sua totale assenza di coraggio e lo accoglie, per l’ennesima volta.

La forza erotica è talmente grande che supera l’onore, l’orgoglio, i codici, le guerre. Paride non vuole morire perché vuole amare, e quindi al diavolo i valori, la codardia, il coraggio, le regole, la morale. 

Leggendo il passo notiamo come sia marcata la delega ai codici morali, che però in questo caso viene completamente accolta da Omero stesso. In fondo in questo passaggio siamo tutti con Paride, in fondo lo ha fatto perchè voleva lei e basta ciò per giustificare l’oltraggio ai codici imposti.

Saviano questa volta ci ha lasciato, me in primis, con tale consapevolezza in più.

Quel sentimento che è sulla bocca di tutti, sempre, ovunque, a volte banalizzato con un cuoricino e un’iniziale scritta al centro, a volte iperdiscusso, ha un potenziale disarmante. Il controllo su di esso è l’arma silenziosa più potente e perdurante che un’autorità possa adoperare, colpisce il singolo, nella sfera più intima in cui possa farlo e per questo tanto forte. Quanto è importante dunque avere consapevolezza e possesso della propria cosa sentimentale, romantica, sessuale? Cederla e conformarsi passivamente a codici e morali ci inserirebbe in un sistema che necessariamente troveremmo stretto e invadente, impedendoci di essere protagonisti della cosa, mi azzardo a dire, più bella che abbiamo. 

Bibliografia:

Roberto Saviano (2024), Noi due ci apparteniamo, Milano, Fuori scena.

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