ORIENTALISMO POP: TRA LOTR E GOT

Se è vero che la Storia la scrivono i vincitori è certo che quella di molti paesi asiatici è stata scritta dai loro colonizzatori. Il colonialismo è un fenomeno così complesso, stratificato e capillare nella sua espansione che ad oggi ancora si fatica a decostruirlo non solo come concetto, ma anche nelle conseguenze che tuttora comporta in ambito accademico e non. In particolare, per quanto concerne l’Asia, uno dei testi di riferimento fondamentali è senza dubbio Orientalismo (1978) di Edward Said.

Il saggio approfondisce uno degli approcci occidentali all’area asiatica più subdoli e deleteri in termini di rappresentanza. La teoria di Said, suffragata da molteplici testimonianze storiche e dalla generale dialettica coloniale, sostiene che l’orientalismo sia uno strumento per definire tutto l’“Oriente” (termine molto generico) come un’unità omogenea, priva di sostanziali differenze culturali e riconducibile a un immaginario esotico, irrazionale e primitivo, in contrapposizione a un Occidente capitalista, razionale e moderno. Si tratta di una visione semplicistica e implicitamente razzista, che pone l’Occidente colonizzatore in una posizione di chiara dominanza nei confronti delle popolazioni asiatiche, cui viene negato il diritto di raccontare a pieno la loro identità e diversità.

Ai tempi, una simile narrazione era funzionale al dominio coloniale. Dipingere i territori sottomessi al controllo europeo come ancora in balia di tradizioni primitive e di superstizioni esotiche giustificava in maniera indiretta l’imposizione di un controllo occidentale, percepito come una guida necessaria per indirizzare le culture in questione verso un processo di modernizzazione. In quest’ottica, il colonialismo diventava il sistema migliore per i territori sottomessi, che ne avrebbero tratto solo beneficio.

Ad oggi una simile visione appare certamente superata, anche se si fatica ancora parecchio a decostruire quella che è una vera e propria eredità coloniale non solo nelle relazioni internazionali, ma anche in termini culturali. L’orientalismo, infatti, tuttora fa sentire la sua influenza, come si evince dalla stereotipata percezione che l’Occidente tende ad avere dell’Oriente (di nuovo, una contrapposizione a dir poco semplicistica). Basta pensare anche solo a pubblicità di prodotti come i “Tesori d’oriente”, classiche fragranze da bagno che fanno leva sull’esotizzazione di un intero continente.

Ma non solo. L’orientalismo, di base una lente percettiva basata su stereotipi dalla forte presa sull’immaginario popolare, si è insinuato nelle narrazioni più pop in assoluto. Due perfetti esempi sono le celeberrime saghe del Signore degli Anelli (Lotr da Lord of the Rings) e de Il trono di spade (Got da Game of Thrones).

Entrambe ambientate in mondi fantastici di pure finzione, le due storie si articolano in contesti di stampo pseudo-medievale in contesto occidentale. Non a caso, forse, le mappe dei mondi in questione (la Terra di Mezzo e Westeros, ovvero letteralmente il “Continente Occidentale”) si collocano a Ovest, con le zone più inesplorate e misteriose a Est. In Lotr, i territori collocati a sud-est ospitano popoli sconosciuti che cavalcano immense creature mostruose, che si rivelano all’occhio del lettore come “semplici” elefanti. In Got, invece, le terre dell’est occupano un intero sistema di isole, Essos, teatro di culture esotiche e dalla forte carica erotica, forse in funzione delle temperature desertiche descritte da George R. R. Martin. Gli abitanti di Essos vivono in città-stato basate su un modello teocratico, si rifanno a credenze esoteriche e praticano rituali magici. La schiavitù è la base dell’organizzazione sociale, le donne sono bellissime e sensuali, il cibo è speziato, l’aria profumata di unguenti. Insomma, tutto molto esotico, molto orientale.

Non è assolutamente detto che Tolkien e Martin abbiano strutturato i loro racconti basandosi a priori su una divisione Est-Ovest, ma di certo essa era connaturata nel loro immaginario, così come ad oggi lo è ancora in quello dell’Occidente. L’orientalismo di Said è parte integrante dell’eredità coloniale ancora da scardinare, e ancora oggi contamina il nostro intero sistema percettivo. Anche quando guardiamo la tv o leggiamo libri.

BIBLIOGRAFIA:

Breckendridge C., Van der Veer P., Orientalism and the Postcolonial PredicamentPerspectives on South Asia, Pennsylvania University Press, 1993.

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