POLLOCK DECIFRATO CON I FRATTALI

Paul Jackson Pollock, nato a Cody (USA) nel 1912, è stato uno dei massimi esponenti dell’espressionismo astratto. La sua arte è stata accolta dal pubblico mondiale con reazioni contrastanti, passando da apprezzamenti entusiastici (“migliore pittore del Novecento”) a pesanti critiche (“un bambino lo avrebbe fatto meglio”). Negli ultimi anni le sue opere hanno raggiunto valori commerciali di milioni di dollari e, naturalmente, sono iniziati a spuntare dipinti falsi nelle cantine della gente, oltre ad un gran numero di imitatori.

Risultava dunque necessario un metodo quantitativo, il quanto più possibile preciso, che permettesse di determinare l’autenticità di un Pollock.

Un professore dell’Università dell’Oregon, Richard Taylor (non quello delle serie ovviamente, lui si chiamava Brook), si domandò se, vista la notevole intricatezza dei disegni pollockiani, non si potesse concludere che avessero un carattere frattale.

Un frattale, termine coniato da Benoit Mandelbrot nel 1975, è un oggetto geometrico che si ripete nella sua forma su diverse scale, dunque ingrandendo una qualunque sua parte si ottiene una figura simile all’originale. Questa proprietà è detta autosimilarità. In natura sono presenti molti esempi di frattali, ad esempio le coste, le montagne, le nubi o anche il broccolo romanesco. Ovviamente in questo caso non sono frattali esatti, ma la proprietà di autosimilarità va intesa come approssimata. Oltre a questi casi, esiste anche l’autosimilarità statistica, che richiede che il frattale abbia misure numeriche o statistiche che si mantengano al variare di scala. Questo è il caso dei frattali generati dalla casualità, come ad esempio le traiettorie dei moti browniani molecolari.

In tutti questi casi la rappresentazione di questi oggetti deve presentare una struttura fina su scala arbitrariamente piccola e deve avere una complessità che non permette di descriverla in termini di dimensioni euclidee, cioè 1 per la retta e 2 per il piano. La dimensione frattale D, o detta anche dimensione di Hausdorff, corrisponde a D=logN/logh, dove indica il numero di figure identiche all’originale ottenute in una iterazione e h il rapporto tra le dimensioni lineari della figura originale e quelle della sua corrispondente al passo successivo (esempio semplice del quadrato : N=4,h=2 allora la dimensione frattale è 2 e coincide con la dimensione euclidea). Per poter parlare di frattali dobbiamo considerare casi nei quali D sia compreso tra 1 e 2.

Per scoprire la dimensionalità delle opere di Pollock, Richard Taylor utilizza il metodo del box counting.  Se si sovrappone all’immagine un reticolo di caselle quadrate, alcune di esse conterranno un tratto del dipinto, altre no. Eseguendo l’operazione con un passo del reticolo che viene gradualmente diminuito, a partire dalla larghezza del quadro intero per giungere a quella del dettaglio più sottile del disegno, si conta via via un numero sempre maggiore di caselle che contengono parti del dipinto. Se la raffigurazione ha carattere frattale, la relazione tra N(h), numero di caselle non vuote, e h, passo del reticolo, è di tipo esponenziale, ossia N(h)~h-D: perciò una rappresentazione del logaritmo del numero di caselle N non vuote, opportunamente normalizzato, in funzione del logaritmo del passo h del reticolo, deve sortire una retta la cui pendenza fornisce il valore di D.

Nei quadri contenenti più colori, per valutare la dimensione frattale bisogna separare le linee dei vari colori, mediante l’utilizzo di filtri passa-banda (che permettono il passaggio di determinate frequenze e attenuano le altre). Mediante questo ingegnoso metodo, Taylor ha scoperto che i dipinti di Pollock hanno carattere di frattale statistico. Introduce dunque un nuovo termine per l’arte del pittore statunitense, definendola espressionismo frattale. La tecnica di Pollock dunque riflette in modo diretto il processo generativo delle figurazioni naturali, senza tuttavia rappresentare la naturalità stessa.

Questa notizia ovviamente suscitò clamore tra gli artisti, gli scienziati e i mercanti d’arte e sorsero moltissime domande, tra le quali:” Ma la frattalità è presente solo in Pollock?”, “Esiste una dimensione frattale da lui prediletta?”, “Come cambia visivamente avere una determinata dimensione frattale rispetto ad un’altra?”.

Taylor e i suoi collaboratori studiarono un gran numero di opere dei vari periodi di attività di Pollock e determinarono che le dimensioni frattali andavano principalmente da 1,1 a 1,9 ( dove ad una maggiore dimensione frattale corrisponde una maggiore “pienezza” del quadro), mentre il valore preferito si attestava su 1,4. Dal punto di vista grafico il valore 1,5 è quello che garantisce una maggiore gratificazione visiva, dopotutto in medio stat virtus!

Non ci furono, però, solo reazioni positive alla scoperta di Taylor e, anzi, alcuni scienziati provarono a dimostrare l’inefficacia del metodo di Taylor per calcolare le dimensioni frattali per oggetti non matematici. Inoltre molti operatori del settore rifiutano che l’obiettività scientifica venga usata per la valutazione estetica di un’opera d’arte, un atteggiamento negativo che si ritrova negli artisti attraverso i secoli, e presente oggi soprattutto nel settore dell’innovazione musicale.

Sebbene la discussione su come stabilire l’autenticità di un Pollock sia ancora oggi aperta, la ricerca di Taylor è stata impressionante e per certi versi rivoluzionaria e ha portato molti benefici alla fama del pittore. Inoltre i mercanti d’arte, cavalcando l’onda dei frattali, hanno iniziato a vendere le opere di Pollock a cifre esorbitanti (es. 200 milioni di dollari!).

Ovviamente questo aumento dei prezzi è spropositato, ma mostra come la scienza possa dare un “plus “ alla nostra realtà e che una spiegazione razionale, data secondo determinati e precisi strumenti matematici, può rendere più attraente il mondo che ci circonda, il quale, come ci dice Galileo è scritto nel linguaggio della matematica.

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