Jó napot kívánok! Salve! Dopo aver scritto qualche articolo per questo bisettimanale collegiale su tematiche giusto un pochettino troppo sparse fra di loro, mi ritrovo in questo terzo anno di triennale e questo secondo anno di vita di Collegio a passare il primo semestre in Ungheria, ed in una città che sicuramente non è conosciuta dai più, né la conosciutissima e centralissima Budapest (paragonabile solo ad una Parigi ungherese: “c’è Budapest e poi c’è l’Ungheria”, semi-cit.), né la forse già sentita Debrecen, ma la piccola Seghedino, o Szeged in Ungherese.
Quindi, prima di trattare di qualche tema che per me è centrale parlando di Ungheria, che sia la sua peculiarità linguistica, che siano le sue travagliatissime vicende storiche, che sia l’unicità della sua cultura fra le nazioni europee, vorrei dedicare qualche paragrafo a questa piccola perla della pianura ungherese, poco più abitata di Vercelli ed eppure terza città più popolosa dell’Ungheria. Szeged ha un ruolo centrale, sia per la sua natura di città di confine, sia per la sua università, sia per la sua complessa (ma sicuramente eroica dal punto di vista ungherese) storia recente.
Szeged, crocevia dei Balcani
La primissima cosa che si nota se si guarda ad una mappa dell’Ungheria e si guarda dove sta Seghedino è una delle sue caratteristiche più peculiari: sta esattamente sul punto di confine fra l’Ungheria, la Romania e la Serbia.
Senza considerare le spinosissime ragioni storiche per le quali Seghedino si trova in una situazione geografica cosi’ particolare (e che meritano un altro di questi diari), Seghedino si trova ad essere ora, ed ad essere stata anche in epoca austro-ungarica, un vero crocevia di popoli balcanici, e cosi’, non è raro che io entri in una classe di tedesco o di francese e che i miei vicini di banco parlino Serbo o Romeno e, naturalmente, la questione impatta anche fortemente la demografia religiosa della città: se il simbolo di Seghedino è sicuramente il suo Duomo, sede vescovile e di orientamento assolutamente cattolico, è vero anche che giusto lì vicino sorge una chiesa ortodossa serba almeno grande tanto quanto il duomo e che la Domenica ospita tanta gente quanto ne ospita la cattedrale cattolica.
Ma gli impatti di questa natura di crocevia sulla fede dei seghedinensi non finiscono qui: la città era anticamente abitata da un enorme quantità di tedeschi, presenti qui per affari et similia quando la città era sotto dominazione austriaca (non per niente uno dei cognomi più diffusi a Seghedino è “Német”, tedesco in lingua ungherese), che hanno portato la loro fede protestante nella città, e allora ecco che fioriscono qui le chiese riformate. E non solo, in questo pot-pourri di fedi cristiane sorge anche una splendida sinagoga, chiamata Ujszinagoga (la sinagoga nuova), che non solo è la quarta sinagoga più ampia al mondo, ma è anche uno dei centri culturali più importanti della città: fa da scuola, da teatro e da sala di concerto più grande sia della città che in generale della parte meridionale dell’Ungheria.
E come potrebbe mai una città che ha come sua caratteristica fondante quella della sua natura di città di frontiera avere come suo altro simbolo centrale un fiume? Come insegnano altre città in Europa, soprattutto Strasburgo con il suo confine lungo il Reno, il fiume diventa simbolo sia di confine, sia di unione, ed è questo esattamente che sta a simboleggiare il Tibisco (Tisza in ungherese), che è il centro della vita seghedinense, sul fiume e sul ponte che collega le due parti della città, ed in generale dei Balcani, sorge qualsiasi cosa: dal museo più centrale, agli edifici dell’università, dalle case ai centri culturali.
A Szegedi tudományegyetem: a legszebb egyetem magyarországon
Senza alcun dubbio, una delle cose per cui la città di Szeged è fiera è la sua università. Se è vero che entrando nelle classi si sente parlare questo misto di Serbo, Romeno e Ungherese, è altresì vero che parlando con gli ungheresi che frequentano qui l’università si scopre che coloro che sono nativi di Szeged sono assolutamente una minoranza: tutta l’Ungheria viene qui a studiare, persone da Pecs, da Debrecen, perfino da Budapest, preferiscono studiare qui che non nelle università delle loro città o regioni natali. Szeged diventa cosi’ una città genuinamente universitaria, eventi culturali per giovani, opportunità per
studenti e spazi di studio fioriscono in tutta la città a partire dall’enorme biblioteca centrale, che conta 5 piani di volumi, riviste, risorse digitalizzate.
Ma perché ci sono cosi’ tanti studenti a Seghedino? Cosa attira le persone in questa piccola cittadina di frontiera, quando gli ungheresi sono sicuramente persone incredibilmente legate alla loro città o al loro villaggio di origine, e soprattutto quando l’ambiente di studio ungherese è particolarmente competitivo nella fattispecie nel passaggio fra liceo ed università? Sicuramente quello che attira tutte queste persone qui è quello che anche si legge ovunque quando si entra negli edifici dell’università: secondo più classifiche internazionali l’SZTE (abbreviazione di Szegedi Tudományegyetem) è da considerarsi come la “migliore università dell’Ungheria”, e questo soprattutto grazie a due facoltà: la facoltà di lingue e la
facoltà di medicina.
La facoltà di lingue fa della possibilità di studiare lingue poco comuni e sfaccettature della linguistica la sua forza più grande: accanto ai classici dipartimenti di francese, tedesco o russo, si trovano dipartimenti di studio di molte altre lingue, soprattutto balcaniche come puo’ essere il serbo od il bulgaro, accanto ai quali nasce un dipartimento comune fra la facoltà di lingue e la facoltà di lettere, ovvero il dipartimento di studi turcici ed ugro-finnici, che offre corsi sia di ungherese, sia dei vari dialetti dell’ungherese, sia di lingue legate linguisticamente alla lingua ungherese per la sua origine altaica, ovvero la lingua finlandese, ma anche la lingua turca e la lingua kazaka. L’università di Seghedino è così diventata uno dei centri
fondamentali per lo studio delle lingue altaiche e delle lingue ugro-finniche non solo in Ungheria, ma anche in tutta Europa ed in tutto il mondo accademico di studi altaici. E poi c’è il vero fiore all’occhiello dell’università di Szeged, che conta anche due premi Nobel a suo nome, ovvero la facoltà di medicina: centinaia e centinaia di studenti vengono in questa città per fare studi in medicina, che sia in maniera completa o solo una parte di essi, e non soltanto ungheresi, anzi, la maggior parte degli studenti di medicina qui presenti vengono da fuori l’Ungheria, nello specifico da tutta la metà del mondo che non è
“occidentale”, e allora si incontrano futuri medici che sono arabi (siano essi di qualsiasi regione del mondo arabo), persone provenienti dall’estremo oriente ed anche russi.
16 ottobre 1956: az első lépes
Questo articolo uscirà probabilmente verso la fine di ottobre, ed allora mi sembra appropriato, parlando di Seghedino, anche parlare della sua storia recente che vede accadere uno degli avvenimenti più importanti per tutta l’Ungheria quando soggiogata alla dittatura comunista. Passando per il parco accanto all’università si trova un monumento abbastanza anonimo, con una scritta incisa: “16 Október 1956, mi szegediek, megtettük az első lépést” ovvero: “Il 16 Ottobre 1956, noi, seghedinensi, abbiamo fatto il primo passo”. Questa incisione fa riferimento alla prima manifestazione di dissenso pubblico mossa dagli ungheresi, nella fattispecie dagli studenti liceali e universitari ungheresi, contro l’oppressione del regime
comunista diretto in quel momento dal segretario Mátyás Rákosi.
All’interno dell’auditorio centrale dell’università gli studenti seghedinensi si sono prima asserragliati e poi hanno dato lotta, anche armata, contro il regime che cercava di opprimere la loro voce nel sangue. Questo gesto portò contestualmente alla nascita del MEFESZ, una sorta di sindacato libero degli studenti universitari ungheresi, e provocò rivolte studentesche in tutte le principali città dell’Ungheria, fra le quali ovviamente anche Budapest, dove la vera e propria rivolta scoppiò il 23 ottobre dello stesso anno, portando come simbolo la bandiera ungherese con un buco vuoto al centro, laddove stava invece il vessillo del partito comunista.
Questo sollevamento di Budapest portò alla destituzione di Mátyás Rákosi ed all’insediamento come primo ministro di Imre Nagy, che accettò e sostenne moltissime delle istanze sollevate dai rivoluzionari. Ma la storia di questa rivoluzione è assolutamente scritta nel sangue: prima dell’insediamento di Nagy, infatti, il partito comunista ungherese fece di tutto per fermare la rivolta, dapprima in maniera celata con l’uso della polizia segreta, e poi con aperte violenze contro i manifestanti. Nella fattispecie, dopo una settimana di rivolta cittadina intervenne nella città l’esercito russo che soffocò la rivolta nella violenza: quasi 3000 ungheresi persero la vita e 250000 (il 3% dell’allora popolazione dell’Ungheria) rimasero feriti, il tutto mentre il mondo occidentale non fece nulla per intervenire e Nagy cercava di riprendere nelle sue mani la situazione, definendo lui stesso l’aggressione sovietica come un “evidente intento di rovesciare il governo legale e democratico dell’Ungheria”.
La dittatura comunista in Ungheria terminò poi solamente nel 1989, ma quella che scoppiò a Seghedino fu senza dubbio la scintilla nascente di tutte le rivolte anti-dittatoriali che presero vita nei decenni successivi attraverso tutto il blocco sovietico, dalla celeberrima primavera di Praga nel ’68, alle azioni del gruppo Solidarność in Polonia, alle rivolte a Bucarest che liberarono nel tempo anche la Romania dall’influenza sovietica. E a oggi il 23 ottobre rimane una delle tre grandi feste nazionali (di cui trovate qualche foto qui di seguito).



Queste poche parole per una prima infarinatura su quello che questa piccola perla della pianura ungherese presenta appena vi si è arrivati, nelle prossime edizioni di questo giornalino cercherò di parlare di qualcosa di un pochino più interessante anche a livello tecnico, che sia dal punto di vista storico, culturale o soprattutto linguistico, ma fino a quel momento… Köszönöm a figyelmet és viszonthallásra. Grazie per l’attenzione, ed a risentirci.

