A te, Calma, invoco
anelata e fuggitiva
e miraggio di unica bellezza
e nascosta nella tua timidezza
giusta, perché tepor coltiva
di un segreto fuoco.
Invoco… Sussurro… Sospiro.
E te, riflessa,
vedo nella mia lacrima
caduta dal capo basso e chino.
Nasce in me gioia, non di bambino
ma di chi ti chiama, e stima
l’anima mai ossessa.
“Finalmente son chiamata”,
dirai mentre stavi piangendo
vedendo la nostra condizione
e volendoci, dalla perdizione,
sollevarci; stavi sognando
Ignoranza bruciata.
Ma oggi, troppo é deliro.
“Chi mai pero’ m’invoca?
chiederai… e subito vedrai
il più piccolo dei tuoi poeti
che pronuncia, debole, versi cheti
chiedendosi se ascolterai
la sua voce fïoca
Già baciasti il capo
del re più giusto: Salomone
tu gli donasti versi e Proverbi:
la voce per sciogliere i diverbi,
il canto fra Salmi e passione
… Un sapere mai sciapo.
Sapienza è come zaffiro.
Corona di parole
mai esosa, equilibrata
possa cingere anche la mia fronte
ed essere di valori la fonte:
pace, calma, quiete innata,
dono che mai ci duole.
Chi meglio ti conosce
che lo stilita e l’esicasta
persi nel labirinto dell’ascesi
non v’andasti, sono a te ascesi:
la penitenza li devasta
il cuor non ha angosce.
Sempre risuona Efrem il Siro.
Nelle mani, la corda,
nell’animo, la calma cheta,
nella voce, veri versi vissuti
sulla pelle, i più ruvidi tessuti.
Prostrati alla compieta
di te mai ci si scorda.
Dimmi dove sei di più
che nella fresca leggera brezza
fra le frasche di pini, pioppi, betulle
che di queste fresche valli fa culle
per quelli che il caldo spezza
e pace non senton più.
Alpi mie come vi rimiro.
Dimmi dove si sente
di più quel tuo prezioso gusto
che nei frutti, che Natura regala:
la dolcezza di un vino di Marsala,
un arancio che da riposo,
una pesca d’Oriente.
