Qualche giorno fa, dopo aver finito di vedere una serie con riferimenti extraterrestri mi è sorta una domanda: qual è la prima testimonianza di un incontro del terzo tipo? Partendo dal presupposto di un’analisi storica e non di certo ufologica ho provato a dirimermi tra varie fonti ma senza trovare una risposta certa. Il motivo principale è che si è iniziato in generale a parlare di incontri con visitatori dallo spazio dal secolo scorso, ove nacque, per descrivere militarmente gli incontri con velivoli non identificati, il termine “foo fighters” (da cui prende il nome la band), diventato in seguito UFO. Perciò, in avvenimenti precedenti, le fonti originali non parlano di alieni, ma descrivono solamente eventi bizzarri e l’interpretazione ufologica è moderna. Oltre a ciò, parlando dell’antichità occorre tentare di distinguere propaganda da mitologia e da tentativi di riportare qualcosa di forse avvenuto realmente. Insomma, non credo che nessuno tenterebbe di vedere, ad esempio, nel “in hoc signo vinces” di Costantino un messaggio dallo spazio. Ma un discorso ben diverso è quello della storia che volevo raccontare oggi, riportata quasi identica da diverse fonti considerabili relativamente affidabili e che parlano di molti testimoni, il tutto per una vicenda con una ottima spiegazione terrena ma che sì, potrebbe essere considerata la prima testimonianza di un incontro del terzo grado della scala di Hynek.
Correva la metà del dodicesimo secolo in Inghilterra e a Woolpit, villaggio del Suffolk, un gruppo di cittadini si imbatte in due bambini che, come da miglior stereotipo extraterrestre, erano completamente verdi. Questo è ciò che ci raccontano, nell’arco del secolo seguente, lo storico William of Newburgh e l’abate Ralph of Coggeshall, insomma personaggi di rilievo. Si tramanda che i due bambini parlassero una lingua incomprensibile e rifiutassero il cibo loro offerto. Il più piccolo dei due, un maschio, morirà di lì a poco ma la sorella maggiore rimarrà a vivere nel villaggio perdendo ad un certo punto il suo bizzarro colore. Imparato poi l’inglese la ragazza riferirà di essere giunta a Woolpit seguendo il suono di campane (la modalità esatta è discorde tra le fonti ma questo è l’elemento comune) e di provenire dalla “terra di San Martino” dove tutto era verde e il sole non splendeva mai. William riferisce poi che la ragazza abbia vissuto fino a poco prima della scrittura del suo racconto.
Per alcuni, appunto, l’insieme di questi strani fattori renderebbe i bambini non terrestri, ma ovviamente sono state presentate altre spiegazioni, forse anche più interessanti. La prima è che si tratti semplicemente di una leggenda, trattante un incontro con gli spiriti di un mondo fatato e un significato legato alla morte, oppure di una manipolazione di fatti reali. In quest’ultima evenienza è alquanto esaustiva la spiegazione di Paul Harris che ritiene i bambini figli di immigrati delle Fiandre. Questo spiegherebbe il loro non parlare inglese ma anche la provenienza dalla “terra di San Martino”, forse identificabile con un paese non distante e dalla discreta presenza di immigrati. La pelle verde sarebbe poi una conseguenza della malnutrizione, comune di certo in una popolazione non abbiente e stremata dalle guerre, che potrebbero anche essere la causa dell’allontanamento dei bambini dai genitori. Questa teoria lascia comunque dei punti oscuri ma rimane largamente accettata.
In ogni caso, si voglia credere o meno alla veridicità della vicenda e qualsivoglia spiegazione si abbracci, questo racconto rimane un’interessante testimonianza di un avvenimento che ancora oggi ci fa porre delle domande, tra storia, medicina, letteratura e un pizzico di soprannaturale.
BIBLIOGRAFIA:
https://www.historic-uk.com/CultureUK/The-Green-Children-of-Woolpit